Gianfranco Soldera per la rivista Oinos

L’annata 2017 a Case Basse è stata particolarmente difficile per l’inverno mite, la primavera anticipata (le ginestre sono fiorite circa un mese prima del solito) e senza piogge (Case Basse non ha subito danni dalla gelata primaverile) e l’estate siccitosa (a Case Basse nel periodo dalla potatura – dal 10 febbraio – al 31 agosto 2017 sono caduti 25 mm di pioggia mentre nel 2016, nello stesso periodo,  sono caduti 200 mm di pioggia; perciò  il rapporto è di 8 volte la quantità di pioggia tra il 2017 ed il 2016).

Questa situazione del clima conferma la mia convinzione che per le mutazioni climatiche, iniziate a Case Basse dopo la gelata del gennaio 1985, sono fondamentali gli studi degli amici professori universitari. Le ricerche mi permettono di gestire la terra, l’habitat e le vigne in modo più consono alle esigenze di ciascuna vite, tenendo ben presente che se il terreno non è molto povero, non drena molto, non è ricco di acque e di minerali in profondità e inoltre se l’esposizione delle vigne non è particolarmente adatta alla luce del sole sia per ore/luce giornaliera sia per numero ottimale di giorni con luce, l’uomo non può pensare di ottenere una grande uva per fare un grandissimo vino.

Verso la metà dell’ottocento, il medico tedesco Von Mayer codificò il ciclo fondamentale che permette lo scorrere ininterrotto della vita. Se il ciclo procede in modo perfetto alimenti, ossigeno, anidride carbonica ed acqua vengono consumati e ricostruiti senza sosta, ed il ciclo può durare in eterno. Ciò che regola il ciclo è la luce solare e possiamo dire che la funzione complessiva del ciclo è quella di trasformare l’energia solare in energia chimica. È l’energia chimica che rende possibile tutte le manifestazioni della vita e, fino a che la sua fonte è l’energia solare,  la vita – compresa quella dell’uomo – dipende interamente dals sole. Sono proprio le piante che, attraverso la fotosintesi, rendono possibile l’utilizzazione dell’energia della luce solare, non solamente per sé ma, per tutti gli essere viventi.

Per sottolineare questo concetto riporto di seguito un passo tratto da “Il miracolo delle foglie – La fotosintesi” di I. Asimov: “Se noi consideriamo l’energia solare che giunge alla Terra intera (con una superficie perpendicolare ai raggi solari di 130 milioni di chilometri quadrati) avremo che v’è energia solare sufficiente a produrre 395 miliardi di tonnellate di glucosio in dieci ore. Questo è certamente, in termini di energia, più di quanto richiesto dall’insieme di tutti i processi vitale del mondo animale nel corso di un intero anno.”

Nella vite questo processo è essenziale per la qualità del prodotto uva; una foglia verde riceve luce dal sole ed in pochi secondi anidride carbonica ed acqua vengono trasformate nei costituenti dei tessuti vegetali determinando la scissione della molecola di anidride carbonica con due effetti generali: l’ossigeno si libera nell’atmosfera, il carbonio si combina con altri atomi e viene trasformato in composti tessutali.

Ritengo che sia importante, per ottenere la qualità, che si conoscano questi processi naturali e a chi volesse approfondire questi argomenti consiglio il trattato “Terroir, zonazione, viticoltura” di M. Fregoni, D. Schuster, A. Paoletti e gli approfondimenti di Carboneau.

È certo che se l’uomo, forse pensando di poter far fare alla pianta quello che Lui vuole, utilizza le macchine cimando, spollonando, legando, defogliando, ecc… e perciò tocca la vite con i mezzi meccanici, non potrà, a mio avviso, ottenere un prodotto uva per poter fare un grandissimo vino.

I cambiamenti del clima a Case Basse hanno modificato enormemente le date delle vendemmie che, sino al 1985 erano sempre nei primi giorni di ottobre, sono così variate al 18 ottobre 1987, al 2 settembre 2003 al 26 agosto 2017 ed inoltre con variabilità enormi anche in tante altre annate nel mese di settembre; perciò  il limitato periodo vendemmiale dal 1975 al 1985 di circa 5/6 giorni è diventato dal 1986 al 2017 di 53 giorni: ciò deve far riflettere molto il vignaiolo e deve essere intensificata la ricerca e gli studi su questa problematica che sempre di più inciderà sulla qualità del vino. Questi cambiamenti avvengono tutti dal periodo dell’invaiatura alla vendemmia: sino al 1985 il periodo dall’invaiatura alla vendemmia era di circa 70 giorni, nel 2017 lo stesso periodo è di 33 giorni; questa, a mio avviso, è la conseguenza delle mutazioni climatiche che dobbiamo sempre più approfondire con le ricerche sul clima.

Il 26 agosto 2017 l’uva è sana  e matura, così inizio la vendemmia con oltre 30 persone, in due giorni raccolgo l’uva, che diraspo e scelgo poi manualmente acino per acino intero, poiché è per me essenziale, per la qualità del vino, introdurre nei tini di rovere di Slavonia solo acini interi sani e maturi. La resa di uva per Ha è di circa 16 quintali, perciò molto bassa, rispetto ai 70/80 quintali previsti dal disciplinare del Brunello, ma se si vuole fare qualità le rese devono essere sempre molto basse.

La vinificazione, sempre senza controllo della temperatura e solo con lieviti autoctoni, è durata oltre 30 giorni ed è stata molto regolare con temperature oltre i 35 gradi all’interno dei tini di vinificazione.

Il mosto ed il vino ottenuto è ottimo e riposa nelle botti in cantina.

Finalmente, dopo il danno del 2012, ho 5 annate di vini ottimi in maturazione nelle botti di rovere nella mia cantina e di ciò sono molto contento.

Dopo la vendemmia ci sono state piogge che mi hanno impedito di rippare, scavallare, zappare manualmente e fresare tutti i 10 Ha di vigna, ma tutte queste operazioni, a mio avviso essenziali per la sanità del terreno, sono terminate ai primi di ottobre e siamo pronti alla letamazione che farò quando verrà il freddo, cioè dicembre/gennaio, in modo che la terra tragga il massimo beneficio da questo apporto, a mio avviso, importantissimo per il benessere delle viti, che anche in quest’anno così siccitoso hanno ancora bellissime foglie verdi e tese dopo 40 giorni dalla vendemmia.

La siccità del 2017 ha dato modo agli amici professori ed a me di riflettere molto sulla complessità e l’immensità dei fattori che sono l’unione dell’uomo con la terra, la pianta, la luce, il calore, il freddo, il caldo, la pioggia,  i venti, gli animali, gli uccelli, i pipistrelli, gli insetti, i microrganismi, i frantumatori, le rocce, i minerali, il giardino, il bosco e tutto ciò che contribuisce a produrre quel meraviglioso nettare che può essere il vino.

Le innumerevoli combinazioni che si possono attuare tra i fattori sopraccitati rendono ragione della amplissima varietà del “prodotto vino” ma, al tempo stesso, complicano tremendamente ogni possibilità di mettere a fuoco gli aspetti fondamentali della qualità e della grandezza di un vino. È opportuno, a questo punto della riflessione, avere ben in mente che la composizione di un vino è estremamente complessa, difficilmente descrivibile in modo compiuto per il gran numero di composti chimici coinvolti. Molti dei quali, non esistendo metodiche analitiche ufficiali a livello internazionale sono affetti da vari gradi di incertezza. Limitatamente ai composti capaci di stimolare sensazioni visive, gustative e olfattive, grazie ai progressi compiuti negli ultimi 20 anni nei settori della chimica del vino e delle metodologie analitiche strumentali, è possibile identificare (ma non sempre quantificare) quasi 1.000 (dico mille) costituenti: il colore è legato essenzialmente ai composti fenolici (varie decine), il sapore all’etanolo, agli zuccheri, ai polialcoli ed ai polifenoli, agli acidi ed agli aminoacidi, alle numerosissime sostanze volatili, quali aldeidi, chetoni, esteri…(diverse centinaia).

Questa descrizione estremamente semplificata della composizione percepibile del vino non tiene conto dei fenomeni di interazione organolettica tra costituenti (sinergismo od antagonismo) con effetti percepibile di un componente esaltati ed anche mascherati, a seconda dell’interazione instauratasi.

È facilmente intuibile come, in tale situazione, assumano fondamentale importanza gli aspetti quantitativi (concentrazione di ciascun componente) piuttosto che quelli qualitativi (assenza o presenza di un componente). Purtroppo però la realtà odierna è che l’analisi chimica di un vino, per quanto particolareggiata essa sia, non riesce a distinguere e riconoscere un grande vino.

Cosa ne pensate?