La qualità del vino – aprile 2007

Dalla rivista “Il Chianti e le terre del vino” – di  G. Soldera

La fermentazione alcolica è il punto culminante della trasformazione dell’uva in mosto e vino, passaggio di particolare criticità e necessita perciò della massima attenzione e concentrazione del vitivinificatore, non è un’operazione da lasciare fare ai tecnici, richiede la presenza continua del proprietario e/o massimo responsabile della società

L’attività comporta la necessità di fare rimontaggi dalle ore 5/6 del mattino alle 23/24 e di  essere attento e presente in ogni momento critico; naturalmente il processo non si ferma il sabato e la domenica, dobbiamo perciò dimenticarci del ponte e della gita; dobbiamo esercitare al massimo grado l’olfatto, il palato, la vista, la conoscenza, la cultura, il cervello in queste operazioni e dimenticarci delle macchine e di tutto ciò che è tecnologico. Ricordiamoci che l’uomo è insostituibile e che è lui che deve comandare la macchina; solo l’uomo può fare un grande vino che è unico e non ripetibile, le macchine e la tecnologia possono fare un vino industriale, che è un prodotto diverso dal grande vino.

Quanto scritto sopra continua il tema sulla qualità del vino che è il filo conduttore degli articoli che sto scrivendo per questa rivista. L’importanza della ricerca dell’eccellenza nella produzione del vino in Italia continua ad essere sollecitata da fatti di mercato di cui veniamo a conoscenza e si impone a noi produttori di Montalcino, così fortunati da disporre di un patrimonio naturale invidiabile. Di seguito alcune riflessioni in merito:

  1. a) Nel mese di dicembre 2006 sono stati sequestrati vini falsi, anche DOC – che quindi dovrebbero essere stati giudicati idonei dalle competenti commissioni – per oltre 3 milioni di litri. Dobbiamo ringraziare NAS, Carabinieri, Guardia di Finanza e Corpo Forestale dello Stato per questi sequestri ed augurarci che siano intensificati i controlli, ma non dobbiamo nascondere che il problema esiste ed è gravissimo e si lega anche con la situazione delle vigne non coltivate e/o abbandonate e soprattutto delle vigne promiscue che, secondo gli ultimi dati ufficiali, ammontano a 000 Ha per circa 4.000.000 di Hl di vino all’anno fatto da vigne non censite. Tutti dobbiamo chiederci dove va tutto questo vino e chiedere maggiori controlli ricordandoci che il consumo di vino nel mondo diminuisce ogni anno e,  nel contempo entrano in produzione le vigne piantate in questi anni nei paesi emergenti. Avremo così un’ulteriore notevole pressione per enormi quantità di vino a basso prezzo che invaderanno il mercato, aumentando l’invenduto. E’ opportuno tenere presente la legge che, da sempre, regola l’economia “la moneta cattiva scaccia la moneta buona”.
  2. b) A mio avviso le nostre possibilità di controbattere questa situazione di estrema difficoltà stanno solo nella nostra capacità di produrre vini di altissima qualità, assolutamente diversi dai vini internazionali, espressione vera del vitigno e del micro-territorio, prodotti dall’uomo e non dalla tecnologia, frutto di studi, ricerche, sperimentazioni universitarie; dobbiamo inoltre sviluppare e valorizzare il territorio sia migliorandolo nella ricettività, nei servizi, nell’accoglienza (più professionalità, più preparazione, più cultura fra gli operatori e fra tutti coloro che in qualsiasi modo vengono a contatto con i turisti, e ciò vuol dire anche più controlli). Bisogna organizzare eventi di alto livello affinché il consumatore del grande vino sia invogliato a venire, bisogna avvalersi di tutta la provincia di Siena, terra ancora incontaminata, di rara bellezza e con opere d’arte di valore mondiale; è necessario quindi creare e diffondere l’immagine di un vino e di un territorio unici al mondo.
  3. c) Le prossime elezioni Comunali a Montalcino e del Consorzio del Brunello possono essere un momento di grande importanza per eleggere uomini con programmi lungimiranti e di grandi capacità; nei momenti di crisi dobbiamo pensare in grande, che non vuol dire spendere di più, anzi si deve spendere di meno e meglio, significa mettersi sempre in discussione, cercare l’innovazione continua, porsi dei traguardi ambiziosi, verifiche continue con i massimi esperti mondiali, non avere mai paura del confronto ma anzi cercarlo sempre.
  4. d) Certamente tutto ciò va in controtendenza rispetto alla situazione italiana che, per esempio, pone l’Italia al 16° posto su 19 paesi innovatori (1° Svezia con indice 7,67 – 16° Italia con indice 3,93 quasi la metà, nel 2006).

Altro segnale molto negativo per il vino italiano è stata l’assenza dei nostri vini durante il  “WORLD ECONOMIC FORUM” di Davos nello scorso gennaio. Jancis Robinson – Master of Wine –  ha presentato nella lista della tradizione solo vini francesi (10 su 10), negli eclettici 2 bianchi francesi, 2 indiani, 1 cinese, 2 spagnoli, 3 vini USA, 2 del Sud Africa, 1 Venezuelano, 1 Portoghese, ma nessun vino italiano. La platea era molto importante, c’erano gli economisti, gli imprenditori, i banchieri, i politici ad altissimo livello di tutto il mondo che sicuramente hanno pensato che il vino italiano non sia all’altezza e questo è gravissimo per la nostra immagine nel mondo. Dobbiamo riflettere molto su questo avvenimento e mettere in atto tutte le nostre capacità per ovviare a ciò nel prossimo anno.