“Soldera anni ottanta: la rosa di Montalcino” di F. Bartolotta

“Il Chianti e le terre del vino”

Soldera anni ottanta

“Ci sono solo dieci vini che meritano di essere bevuti”. In Italia? “No, certo che no, nel mondo!”.

La reputazione di Gianfranco Soldera lo precede dovunque vada e sebbene lui ne sia cosciente, dopo un’oretta di conversazione si entra a contatto con la persona e non il personaggio. L’ormai leggendario produttore di Brunello non è famoso solamente per il suo squisito Case Basse Riserva, ma anche per le sue forti opinioni.

Ma descrivere forti le opinioni di Soldera sarebbe riduttivo perché generalmente sono taglienti come un rasoio e arrivano senza lasciarti il tempo di scansarti.

Il suo grande Brunello ha un approccio più morbido, ma non per questo meno onesto e travolgente: il suo colore rosso rubino chiaro, brillante e trasparente denuncia immediatamente uno stile e un’origine che non lasciano dubbi.

Il Brunello di Soldera si distingue immediatamente fin dall’inizio da altri Brunello che hanno adottato degli stili più moderni caratterizzati da colori più scuri e concentrati e registri giocati sulla muscolarità.

Il Case Basse, con la sua spiccata e rinfrescante acidità, è un vino elegante, dallo stile inconfondibile; anche se Soldera non è uno che ne fa una questione di stile: “Questo è l’unico modo di fare Brunello, la migliore espressione di Sangiovese al mondo che può nascere solo a Montalcino”.

Per Soldera Montalcino è un posto magico per produrre vino. Amante spudorato del Barolo – o meglio del Nebbiolo fatto in un paio di vigne delle Langhe e solo in una minuta manciata di annate – Soldera ha deciso di fare vino a Montalcino per la generosità del clima e la bontà del terreno: fare il vino cattivo in questa terra è quasi impossibile. “Di trentacinque vendemmie ho vinificato trentadue grandi vini, il ’76, l’89 ed il ’92 li ho dati agli ospizi!”

E mentre Soldera confessa la sua franchezza come un difetto del suo carattere, una scintilla brilla nei suoi occhi acuti come un segnale che invece a lui piace essere così.

Spesso si parla di terroir e zone dove nascono grandi vini, ma troppo spesso invece ci si scorda del ruolo decisivo di chi lo fa il vino. Soldera e il suo Brunello sono una cosa sola, un’evidente forma di simbiosi tra un uomo, un vitigno e un pezzo di terra.

Passo dopo passo, dalle selezioni in vigna ai quattro anni nelle grandi botti di Slavonia fino agli ulteriori necessari anni di bottiglia, c’è soltanto una persona che decide sulle sorti del Sangiovese a Case Basse: Soldera. L’unica persona esterna che ha voce in capitolo nella fase degli assaggi è maestro assaggiatore Giulio Gambelli, con più di 65 anni d’esperienza alle spalle.

“Se avessi trovato terra in Piemonte non avrei conosciuto Giulio Gambelli che mi ha fatto scoprire quanto più dolce, profondo, lungo, elegante e armonico sia il Sangiovese rispetto al Nebbiolo e a qualunque altro vitigno”.

Qualche mese dopo aver visitato Soldera a Case Basse ho chiesto a Gambelli quali fossero un paio di grandi annate di questa importante società. Rimane qualche secondo in silenzio e mi dice: “l’83 di Gianfranco è uno dei migliori Brunello che siano mai stati prodotti!” Con un sorriso compiaciuto però aggiunge: “ho assaggiato il 2006 di Gianfranco.…un vino straordinario”.

Soldera produce solo Brunello e in buona parte perché gli piace berselo.

Seduti da oltre tre ora a tavola, Soldera che non concepisce come si possa assaggiare il vino senza berlo, a ogni portata ti lascia notare come questo si abbini con armonia perfino con i carciofi lessi e crudi con il limone: “sono disposto a confrontare il mio vino con qualunque bianco o rosso del mondo. Lo faccio spesso, ma è molto raro che riesca a trovarne uno in grado di stare aperto oltre una settimana e di accompagnare un pasto completo in quantità senza che ti faccia stare male!”

I tannini del Case Basse 2000 bevuto al “Leccio” di S.Angelo in Colle sono sapidi, quasi salati. Questo, combinato alla  grande acidità, non gli fa temere i tannini e il carattere ferroso dei carciofi. Il bello però arriva quando ordino la panna cotta. Soldera sorride soddisfatto e mi guarda sereno mentre abbino il suo vino al dolce senza fare facce strane: i tannini si sono fatti un po’ più duri e il vino asciuga leggermente in bocca, ma dopo un altro sorso il palato si resetta e si è pronti ad andare avanti.

Non vi è dubbio che la bevibilità è dalla parte di Case Basse. Un vino dai profondi sentori minerali con tannini dolci e profumati come la cipria.

Soldera sembra raggiungere questi risultati con straordinaria semplicità: “il vino va dalla terra al bicchiere senza troppe interferenze. È l’uva che ti dice quando è pronta, mentre il vino ti dice quando vuole essere imbottigliato. La malolattica parte quando vuole e le grandi botti di Slavonia sono dei contenitori che lasciano il vino in vita senza aggiungere tannini, aromi o chissà cosa altro”.

Nella cantina di Case Basse – 14 metri sotto terra – tutto respira: fermentazioni e macerazioni fatte nel legno, i muri fatti con sassi accatastati sembrano emanare profumi freschi ed umidi di terra e fiori. Tutta la cantina è circondata da due ettari di giardino dove sua moglie coltiva 1000 tipi di rose antiche. Soldera lavora perché tutto sia il più naturale possibile e mentre passeggia a capo chino in questo piccolo Eden mi accorgo di entrare in un mondo diverso in cui naturalità, schiettezza e semplicità sembrano essere le uniche regole del gioco.

I suoi otto ettari di terra sciolta di sabbie e galestri non sono ufficialmente ne biologici ne biodinamici, ma il rispetto nei confronti della Natura è evidentemente molto forte. Nella sua vigna e nella sua cantina si muove con dimestichezza, ma si ha la sensazione che lui sia lì solo come se fosse il custode di un luogo molto speciale in cui egli crea le condizioni migliori affinché il Sangiovese possa interpretare al meglio il territorio in cui nasce.

Dagli assaggi da botte si possono ritrovare alcune conferme con i suoi vini più vecchi.

Il 2006 si fa avanti con profumi di amarene e scorza di arancio per lasciare strada a sentori di grafite e un palato sapido, quasi salino; il 2005 sembra essere più orientato verso una certa concentrazione di frutto e dei tannini molto larghi con un gradevole finale di pepe; il 2004 invece emerge adesso come quello con più articolata spinta aromatica, un fruttato pulito di ciliege e fragole che si posano su tannini di grande struttura e raffinata eleganza; il 2003 si stacca dagli altri per dei tannini più in evidenza (per forza, è un settimino! Ho dovuto raccogliere prima e quindi c’è una diversa maturità dei tannini!) e dei sentori di frutta più maturi e una certa speziatura; il 2002 si fa avanti con un tannino molto dolce e una speziatura più marcata, sebbene al momento sia il più difficile da bere.

Tra le domande in cantina, scatta sempre qualcosa relativa ai lieviti: Signor Soldera, cosa ne pensa dei lieviti selezionati? “Lei che ne pensa se qualcun altro andasse a letto con sua moglie?”

In realtà dietro questa risposta brasante si cela un lavoro scientifico molto lungo e molto importante che Soldera segue da molti anni con l’Università di Firenze e in particolare con il Prof. Vincenzini, ordinario di Microbiologia: “Ancora non si è studiato abbastanza il vino, ma con Gianfranco abbiamo fatto dei grossi progressi. Conosciamo molto bene i ceppi di lieviti di Case Basse e sappiamo in particolare che ogni anno c’è un ceppo che si ripresenta 10 volte su 11, si tratta del GFS1 (ndr: Gianfranco Soldera). Grazie alla volontà di studiare ciò che succede a Case Basse abbiamo scoperto quanto a lungo un vino rimane in vita, cioè fino a quando si possono trovare microrganismi viventi che quindi contribuiscono a creare una buona parte di sapori nel vino e a  cambiare, modificare almeno per il 25% gli stessi rapporti originari”.

Siamo di nuovo a tavola con Gianfranco Soldera, a due settimane dal primo incontro. E mentre il Prof. Vincenzini parla della “vita” del vino, Soldera, impeccabile con la sua camicia azzurra e bretelle e cappellino bianco da pescatore, stappa personalmente quattro anni ottanta: 1981, 1983, 1984, 1985.

È uno di quei momenti nella vita in cui ti accorgi che il colore della luce che ti circonda è un pò diverso dal solito, come quando comincia a nevicare all’improvviso.

Degustare, anzi bere, gli anni Ottanta di Soldera stappati da lui con la figlia e qualche amico è una esperienza che non può non cambiare la lettura del Sangiovese a Montalcino.

Secondo la scala di valutazione Soldera – la bottiglia di cui si beve di più – il miglior vino della batteria è stato il 1981, seguito a stretto giro dall’83, poi l’84 e infine l’85.

Se si entra più nel dettaglio comunque emerge il carattere sapido e minerale di Case Basse con la sua raffinata potenza aromatica, una freschezza inarrestabile e un tannino dolce e bilanciato, stessi tratti comuni nei suoi vini recenti.

È difficile contestare il risultato del vino più bevuto. L’81 è chiaramente oggi quello più pronto, marcato da evidenti note di liquirizia, goudron e tartufo e un palato dolce ed equilibrato che ha conquistato tutti dopo un’oretta dall’apertura della bottiglia con il suo contrasto tra freschezza e decadente opulenza. L’83 era forse il più giovane di tutta la batteria con profumi di more e ciliege gradevolmente maturi, una trama tannica fitta, setosa e raffinata. Questo era il vino più concentrato di tutti, lo si vedeva anche al colore e fin da subito si è manifestato in tutta la sua potenza ed eleganza con ancora molti anni davanti a sé.

Ma per me a tavola è stato l’84 la vera sorpresa. Come l’81 un’annata difficile che solo con gli anni è riuscita ad affermarsi. I profumi sono quelli dei toni minerali e dei frutti di bosco dei grande Pinot di Borgogna che si alternano a rose secche, funghi e sottobosco. Una grande dolcezza nel tannino ancora di fresca struttura e un finale rassicurante e multisensoriale!

Ed infine l’85 che era decisamente il più chiuso di tutti, si è concesso un pò di più nella sua fase finale con interessanti note di cuoio, pepe nero e rabarbaro. Dal palato importante con alcuni sentori più ossidativi degli altri che si sono poi liberati nel bicchiere per lasciare spazio a note di foglia di tabacco e caffè.

Sulla paternità dei quattro non ci sono comunque dubbi e altrettanto dicasi della continuità gustativa trovata dal 2006 fino al 1981 con caratteristiche organolettiche molto vicine tra loro.

La freschezza e la sapidità sono lo stiletto inconfondibile di Soldera e dei suoi Brunello. Degli arcangeli a protezione di un carattere molto sottile e profondo i cui profumi intensi ed eterei e la cui dolcezza non tarderanno a rivelarsi planando sui di voi leggeri come petali di rosa.