“Ecologia del ceppo Gfs1 nell’ecosistema Case Basse” di M. Vincenzini

“Il Chianti e le Terre del vino”

Prof. Massimo Vincenzini*

La società agricola Case Basse ha stabilito fin dall’anno 1994 una collaborazione scientifica con la sezione di Microbiologia del Dipartimento di Biotecnologie Agrarie (DiBA) di Firenze finalizzata al monitoraggio e allo studio della microbiologia della vinificazione (fermentazione alcolica e fermentazione malolattica), che la società tradizionalmente conduce in maniera spontanea, senza cioè l’impiego di colture di lieviti e di batteri commerciali. Nel 2005 la societò Case Basse ha avviato, in collaborazione con l’Università di Piacenza (prof. Fregoni), una sperimentazione finalizzata alla riduzione degli stress idrici nelle piante di vite. Dal momento che il disegno sperimentale prevedeva anche la vinificazione delle uve provenienti dai diversi filari sperimentali e la valutazione chimico-fisica e sensoriale dei corrispondenti vini, si è reso necessario scegliere un ceppo di lievito con cui realizzare il processo fermentativo. Nel rispetto della politica aziendale, il ceppo di lievito da impiegare non poteva che essere un ceppo indigeno, possibilmente caratteristico dell’ecosistema Case Basse. Per tale scopo, è stato impiegato un ceppo di lievito della specie Saccharomyces cerevisiae, denominato GfsI, isolato presso la Società Case Basse da mosti in fermentazione e attualmente facente parte della collezione di ceppi microbici del DiBA. La scelta del ceppo è stata motivata dai risultati delle indagini sulla biodiversità genotipica di S. cerevisiae nelle vinificazioni spontanee della Società Case Basse a partire dalla vendemmia dell’anno 1994. L’indagine è nata dal presupposto che, nelle vinificazioni spontanee, a differenza delle vinificazioni realizzate inoculando il mosto con lievito selezionato del commercio, la popolazione di lieviti S. cerevisiae è costituita da numerosi ceppi che intervengono simultaneamente e/o in successione nel processo fermentativo e che sono capaci di svolgere una propria attività metabolica, rilasciando nel mosto molteplici metaboliti in quantità e rapporti relativi ceppo-specifici. Questo fatto sarebbe alla base della maggiore complessità di gusto e di aroma spesso riconosciuta ai vini prodotti con fermentazione spontanea rispetto a quelli ottenuti con fermentazione indotta con lievito selezionato, normalmente consistente in un preparato a ceppo singolo. Lo studio sulla naturale biodiversità del lievito S. cerevisiae a Case Basse ha previsto, per undici anni consecutivi, dal 1994 al 2004, il monitoraggio delle popolazioni microbiche nelle vinificazioni spontanee e l’isolamento di colonie riferibili a S. cerevisiae, prelevandole sempre dallo stesso tino di fermentazione in cui è stato sempre immesso mosto ottenuto da uve dello stesso vigneto. Inoltre, tra le stagioni vitivinicole 2003-2004, ulteriori isolamenti sono stati effettuati a partire da campioni di terreno prelevati dal vigneto denominato Case Basse, dall’uva dello stesso vigneto e infine dalle acque impiegate per il lavaggio del tino in legno di fermentazione. Tutti gli isolati (531 in totale) sono stati differenziati a livello di ceppo tramite analisi del polimorfismo di lunghezza dei profili di restrizione (RFLP) del DNA mitocondriale (mtDNA), metodica ritenuta idonea per l’individuazione di ceppi diversi all’interno di una stessa specie di lievito. L’analisi consiste nell’estrazione del DNA totale dalle cellule di lievito, seguita dalla digestione con opportuni enzimi di restrizione che tagliano il DNA in corrispondenza di specifiche sequenze di basi nucleotidiche e dalla successiva elettroforesi su gel di agarosio per mettere in evidenza i frammenti di DNA originatisi dalla reazione digestiva. In base al numero e alle dimensioni dei frammenti si ottiene un profilo che è caratteristico di un singolo ceppo. I risultati hanno permesso di individuare complessivamente un totale di 99 ceppi indigeni diversi. Per ciascuna fermentazione è stato ottenuto un numero variabile di ceppi, compreso tra 8 e 18, a dimostrazione di un elevato livello di polimorfismo genotipico del lievito S. cerevisiae. Il 75% dei ceppi ritrovati nel corso di una vinificazione non sono stati ritrovati in anni consecutivi: questo comportamento è stato rilevato soprattutto in riferimento a quei ceppi definiti minoritari, generalmente presenti nel corso della fermentazione alcolica a basse percentuali. Diversamente i ceppi dominanti, vale a dire maggiormente responsabili dello svolgimento del processo fermentativo, sono risultati ricorrenti nel tempo. In particolare il ceppo denominato GfsI è stato ritrovato consecutivamente per 10 anni, dalla vendemmia del 1995 alla vendemmia del 2004, e per cinque vinificazioni è risultato essere il ceppo dominante la fermentazione alcolica. Inoltre tale ceppo è stato ritrovato a elevate frequenze sia nei campioni di terreno del vigneto Case Basse che nei campioni di acque di lavaggio del tino di fermentazione. Tali risultati suggeriscono che il ceppo GfsI possa essersi insediato nell’ecosistema vitivinicolo di Case Basse e che il suo continuo ritrovamento possa essere il risultato dell’adattamento del ceppo al particolare stile di vinificazione adottato dalla società. L’impiego del ceppo GfsI nella sperimentazione sugli stress idrici appare, pertanto, pienamente giustificato. Sotto il profilo prettamente enologico, il ceppo è dotato di buon vigore fermentativo, di elevato potere alcoligeno e di buona purezza fermentativa, pur producendo elevate quantità di glicerina.

*Ordinario di Microbiologie Agrarie dell’Università degli Studi di Firenze