Dalla rivista “Il Chianti e le terre del vino” – di  G. Soldera

La gestione del vigneto dal risveglio vegetativo richiede la presenza quotidiana del contadino (non è a mio avviso giusto usare il termine operaio che è tipico dell’industria; il contadino è il conoscitore della terra, delle piante, delle essenze) in vigna. Voglio anche sottolineare che almeno l’85% del tempo necessario alla gestione di una società vitivinicola è dedicato alla vigna, la cantina abbisogna del solo 15% e questo va spiegato bene ai giovani che chiedono sempre di essere occupati in cantina: non vi è futuro occupazionale ed economico nelle cantine mentre ci sarà sempre di più richiesta di contadini che sappiamo e vogliono occuparsi della terra e della vigna.

La vigna necessita di contadini che sappiamo usare il cervello, gli occhi e poi le mani; ci vuole attenzione, concentrazione ed è indispensabile memorizzare ogni differenza tra pianta e pianta, tra anno ed anno; certamente ci sono attualmente centraline che danno per ogni giorno:

  1. a) temperatura
  2. b) precipitazioni
  3. c) bagnatura fogliare
  4. d) radiazione solare
  5. e) temperature medie
  6. f) medie umidità relativa
  7. g) indice infezione peronospora
  8. h) indice sporulazione peronospora
  9. i) indice possibili malattie muffa grigia
  10. j) gravità oidio o malbianco

ed altri strumenti che misurano il consumo dell’acqua di ciascuna vite; si possono inoltre avere altri congegni per conoscere subito se ci sono altri attacchi dannosi per la vite; possiamo inoltre, con analisi del terreno (che devono essere fatte ogni anno), conoscere le necessità dei terreni (che sono diverse per ogni appezzamento), in modo che le concimazioni invernali siamo mirate, perché abbondanza o deficienza di concimi sono dannosi.

Tutti questi strumenti sono molto utili ed aiutano a sbagliare di meno, ma è l’uomo che deve essere attento ad utilizzarli confrontando i dati con la propria memoria storica con l’attenta osservazione delle piante, delle foglie, della fioritura, dell’allegagione e di tutte le manifestazioni della vite che, nella sua continua trasformazione, indica al contadino attento  le sue necessità, le sue malattie.

La vite malata necessita di molto tempo e di attente cure da parte del contadino ma senza l’aiuto ed il controllo sul campo del patologo i risultati sono  assolutamente negativi; una delle malattie più pericolose e con i peggiori risultati che colpisce le nostre vigne è sicuramente il “MAL DELL’ESCA”: da anni il Prof. Giuseppe Surico, patologo dell’Università di Firenze, autore o coautore di oltre 250 pubblicazioni scientifiche e di 3 opere coordinate di patologia vegetale, si occupa con il Suo staff dello studio di questa malattia, flagello del patrimonio viticolo italiano; le Sue ricerche, sperimentazioni, osservazioni anche sul campo danno la possibilità al contadino di operare la meglio sia preventivamente sia per limitare la morte delle viti sia per recuperarne un certo numero; anche in questo caso l’aiuto ed il controllo delle università è essenziale per migliorare la qualità del prodotto, viti malate non possono dare uve atte a dare un ottimo vino.

I trattamenti non devono essere sistemici, non si devono usare antimuffe, né prodotti che verranno trasmessi dalla pianta all’uva, ma solo zolfo e rame e l’ultimo trattamento, non oltre il 25 luglio.

Le operazioni di diradamento e sistemazione dei grappoli devono essere fatte ogni qualvolta si tocca una vite, la legatura e la sfogliatura (operazione importantissima alla quale bisogna dare grandissima importanza anche studiando quanto la ricerca universitaria pubblica) non sono operazioni meccaniche, ma lavori che richiedono la massima concentrazione degli operatori perché condizionano moltissimo la qualità finale dell’uva; nello stesso tempo l’occhio attento vede e sistema al meglio il grappolo nel suo evolversi; certamente è essenziale il diradamento finale all’inizio dell’invaiatura, ma questa operazione deve essere il punto di arrivo di una continua attenzione all’ottimale sistemazione dell’uva sulla pianta; penso di avere chiaramente indicato l’essenzialità e l’indispensabilità dell’uomo capace, attento, concentrato nella coltivazione della vite. In tutte queste operazioni l’uomo non può essere sostituito dalle macchine, se si vuole ottenere un prodotto uva atto a divenire un grande vino.

L’ultima operazione prima della vendemmia da farsi, a secondo delle zone, verso fine agosto/primi di settembre, è scoprire l’uva togliendo le foglie che non danno più sostanza, in modo che l’uva non trattenga acqua e/o umidità: è evidente che anche questa importantissima operazione deve essere fatta a mano da contadini capaci.