“Fisiologia del Sangiovese e stress idrico a Montalcino” di M. Gatti

“Il Chianti e le Terre del vino” 

Matteo Gatti(1), Mario Fregoni(1), Fabio Bernizzoni(1), Andrea Paoletti(2), Gianfranco Soldera(3), Massimo Vincenzini(4)
(1)Istituto di Frutti-Viticoltura, Università Cattolica del Sacro Cuore; (2)Aminea, Firenze; (3)Az. Agr. Case Basse, Montalcino; (4)Dipartimento Biotecnologie Agrarie, Università degli Studi di Firenze

 

Gli effetti del cambiamento climatico comportano condizioni ambientali alterate rispetto al passato e una maggiore frequenza di stress termici, idrici e radiativi, meglio conosciuti come stress multipli estivi. La V. vinifera, per effetto di regolazioni stomatiche e non, resiste alla siccità più di altre specie, ma è intuibile come i vigneti di terreni ciottolosi e scarsamente dotati di sostanza organica, fitti e inerbiti, siano particolarmente sensibili a tali eventi. La moderna viticoltura deve perciò adeguarsi selezionando varietà tolleranti e tecniche colturali appropriate. A tal proposito, nel 2005, la Società Case Basse di Montalcino e l’Istituto di Viticoltura dell’Università Cattolica di Piacenza hanno dato vita a un ampio progetto per lo studio delle mutazioni climatiche e dei loro risvolti sulla viticoltura, con particolare attenzione alla gestione della chioma e del terreno, alla fertilizzazione e alla scelta della forma d’allevamento. I primi risultati conseguiti sono stati presentati a Firenze, lo scorso dicembre, in occasione del Terzo Simposio Internazionale sul Sangiovese intitolato “Modelli di terroir per vini d’eccellenza”.

La sperimentazione quadriennale su Sangiovese è stata condotta nei vigneti “Case Basse”, adulto e tendenzialmente argilloso, e “Intistieti”, più recente e fitto. Tra le possibili soluzioni per razionalizzare l’utilizzo dell’acqua sono state sperimentate cinque tesi con diversa intensità di cimatura precoce in post-allegagione a 9 e a 12 foglie principali, la pacciamatura totale con paglia d’orzo, nonché il confronto con un testimone di riferimento in cui le viti non erano cimate e il terreno era lavorato in superficie. Le femminelle della fascia dei grappoli sono state asportate precocemente ad eccezione di una tesi in cui sono stati eliminati tutti i rami anticipati. Dopo il germogliamento, dove previsto, è stata effettuata la pacciamatura con 2 Kg/m2 di paglia d’orzo, rimossa al termine della stagione vegetativa e rinnovata ogni anno (Fig. 1). Durante la prova sono stati registrati i parametri meteorologici e si è proceduto al calcolo di alcuni indici bioclimatici. All’invaiatura è stata effettuata la diagnostica peziolare e sono stati misurati gli scambi gassosi su foglia mediante un analizzatore portatile. Successivamente è stata calcolata l’efficienza d’uso dell’acqua. Alla vendemmia, per ciascuna tesi del vigneto “Case Basse”, il Prof. Vincenzini dell’Università di Firenze ha seguito le microvinificazioni e il Dott. Paoletti ha stimato la composizione fogliare della chioma.

I viticoltori ricorderanno certamente il 2006 e il 2007 come annate particolarmente critiche ai fini della comparsa di stress estivi legati alle temperature elevate e alle scarse precipitazioni. Nel 2006, infatti, le giovani piante del vigneto “Intistieti” erano danneggiate dagli stress estivi al punto da non evidenziare significative differenze tra le tesi (Fig. 2). L’anno successivo, invece, la cimatura a 12 foglie principali ha prodotto una risposta in linea con il testimone. Durante la sperimentazione, nel vigneto “Case Basse”, le viti non sono parse stressate e si può quindi ritenere che, in quello specifico ambiente, vigneti adulti con un apparato radicale ben approfondito possano resistere agli stress.

Dal punto di vista agronomico, la cimatura precoce a 12 nodi può contenere i consumi idrici e limitare la suscettibilità agli stress multipli estivi nelle annate caldo aride, ma i risultati conseguiti devono giustificare i maggiori costi rispetto alla tradizionale gestione “a capanna” che rimane una valida soluzione nelle annate normali. Una cimatura più drastica a 9 foglie, invece, comporta spesso l’aumento della traspirazione; l’intervento è legato all’incognita dell’andamento stagionale poiché annate aride possono compromettere lo sviluppo della parete fogliare, mentre altre più fresche e piovose favoriscono lo sviluppo delle femminelle oltre l’invaiatura e la loro competizione con il grappolo (Fig. 3). L’asportazione totale delle femminelle ha aumentato la traspirazione e ridotto il grado alcolico dei vini per cui, globalmente, l’intervento non ha avuto un effetto positivo; si sono osservati grappoli sani di medie dimensioni ma, particolarmente esposti alla grandine e alla radiazione diretta e quindi più soggetti alle scottature e alla degradazione degli antociani (Fig. 4).

La pacciamatura totale riduce l’evaporazione e aumenta l’assorbimento del fosforo. L’effetto della radiazione diretta e della luce riflessa dalla paglia sulla temperatura dell’acino invaiato e sulla degradazione del colore, ha massimizzato la degradazione degli antociani e il parziale appassimento delle bacche. Questo modello di gestione del suolo deve perciò integrare modalità di potatura verde che garantiscano l’adeguato ombreggiamento dei grappoli (Fig. 5).

In annate caldo-aride, gli studi sin qui condotti permettono di consigliare, per i terroir simili a quelli di Case Basse, la gestione della chioma con cimatura precoce ed asportazione delle femminelle nella fascia dei grappoli ai fini del contenimento della traspirazione e la pacciamatura con paglia per ridurre l’evaporazione. In annate normali la cimatura non è sempre necessaria mentre l’asportazione precoce delle femminelle nella fascia dei grappoli è positiva.