La qualità del vino – novembre dicembre 2009

Dalla rivista “Il Chianti e le terre del vino” – di  G.Soldera

Le operazioni di raccolta e trasformazione delle uve sono terminate. A Case Basse è stata un’annata anomala con le viti che hanno lavorato sino al 20 di Agosto, per fortuna abbiamo avuto quasi 60 giorni di caldo intenso e abbiamo così potuto vendemmiare il 2 ottobre (in una sola giornata 8 ettari di vigna) raccogliendo così circa 35 quintali di uva ad ettaro: uva sanissima e matura. Voglio qui sottolineare l‘importanza della velocità di raccolta e che l’uva, appena tagliata, entri in cantina dove io eseguo l’ultima selezione e la sola operazione di diraspatura (in 24 vendemmie e vinificazioni, che ho fatto sempre personalmente, mai ho pigiato o pressato l’uva): dopodiché l’acino viene mandato con la pompa nei tini di legno di rovere di Slavonia di circa 140 ettolitri di capacità; nella stessa sera di riempimento dei tini, provvedo personalmente al rimontaggio all’aperto di tutto il mosto; nei giorni successivi questa operazione viene effettuata tre volte al giorno per ogni tino.

L’ausilio del Prof. Vincenzini dell’Università di Firenze e di tutto lo staff del Dipartimento di Microbiologia, nell’ambito della convenzione che ho in corso dal 1994, è essenziale e mi dà grande sicurezza e tranquillità: ogni mattina vengono effettuati prelievi sui mosti e, a tarda sera, mi vengono comunicati telefonicamente gli andamenti e le situazioni di ogni tino. Naturalmente le operazioni di fermentazione vengono svolte solo con lieviti autoctoni anche selvaggi e senza controllo della temperatura interna dei mosti; ogni fermentazione mi convince sempre più che la natura è molto più brava dell’uomo e che meno si interviene e meno si rompe l’equilibrio naturale; per chi volesse approfondire i problemi della vinificazione consiglio il testo del Prof. Vincenzini “Microbiologia del vino”, un trattato molto importante per conoscere queste meravigliose operazioni dei lieviti (ho riportato nel mio capitolo XVII del novembre ’08 de “Il Chianti e le terre del vino” delle notizie interessanti in merito). Ritengo di particolare interesse riportare parte di un editoriale del Prof. Fregoni sul n. 9 della rivista VQ di novembre, il titolo è “Il Terroir, questo sconosciuto”: “Le tecniche colturali, che maggiormente vanno nel senso dell’annientamento del terroir e della produzione di vini ordinari, privi di finezza, sono la bassa densità d’impianto, la potatura ricca, l’assenza di diradamento dei grappoli, l’irrigazione e così via. Le tecniche enologiche che annullano il terroir sono numerose, ma tra queste si segnalano l’uso esasperato delle barrique e dei legni alternativi, nonché di composti chimici a grande influenza sulla struttura e sugli aromi del vino. Tutto ciò contribuisce all’anonimizzazione del prodotto finito.

Quali sono le conseguenze? Il consumatore trova i vini tutti uguali, non crede più nelle denominazioni di origine (e di conseguenza nel terroir), si basa sul prezzo e sulla varietà quando sceglie il vino. Il produttore di vini a denominazione d’origine è quello che maggiormente paga questo circolo vizioso perché deve sostenere alti costi per i controlli e ricava sempre meno dalle uve e dai vini.

Del resto anche l’Unione Europea non crede nel terroir perché ha concesso le mescolanze dei vitigni anche nelle denominazioni di origine ,e dall’agosto 2009, con l’entrata in vigore della nuova Ocm vino, la possibilità di indicare la varietà in etichetta per vini senza indicazione geografica, ossia privi di origine, di territori, ignoti e confusi.”

La CGIA di Mestre (dati riportati da La Nazione del 6 dicembre ’09) sostiene che la lentezza della giustizia in Italia costa alle imprese 2,6 miliardi di euro ogni anno, così suddivisi:

  1. a) ritardi nelle procedure fallimentari: 1,3 miliardi di euro
  2. b) ritardi nelle procedure civili: 1,09 miliardi di euro
  3. c) spese burocratiche per i fallimenti: 532 milioni di euro.

Vorrei inoltre sottolineare gli sprechi riportati dalla stampa negli ultimi tempi:

La Nazione del 22 novembre ’09 riporta una dichiarazione di Politi, presidente CIA “La burocrazia, come un macigno, pesa per 4 miliardi di euro sulle imprese agricole europee, soldi che potrebbero andare direttamente a produttori per assicurare l’approvvigionamento in alimenti dei 500 milioni di cittadini europei”. Questa è la denuncia fatta a Bruxelles da Politi nella conferenza sulla semplificazione della politica agricola comune.

La Nazione del 19 novembre ’09 a firma Lorenzo Sani, sul vertice mondiale FAO chiuso il 18 novembre a Roma titola: “FAO, le spese mangiano tutto. Briciole per la lotta alla fame. A bilancio 784 milioni di dollari: ne vengono investiti solo 89,5 per la lotta alla fame […] la FAO ha circa 3.600 dipendenti, la metà dei quali dirigenti”.

La Repubblica del 23 novembre ’09 a firma Corrado Zuni “[…]L’Unire ente promotore dell’ippica perde 111 milioni l’anno”.

La Repubblica del 30 novembre ’09 articolo di Roberto Mania, “Al Cnel, l’ente dei pareri inutili finanziato per sopravvivere, più dell’80% dei fondi serve a pagare stipendi e indennità”.

Questi dati sopra riportati ci devono, a mio avviso, far riflettere sull’urgenza e l’importanza di affrontare questi sperperi, soprattutto in un momento di crisi economico-finanziaria come l’attuale: ogni sforzo di ciascuno dovrebbe essere rivolto a produrre e innovare beni reali vendibili in tutto il mondo.

Cosa ne pensate?