La qualità del vino – ottobre novembre dicembre 2012

Dalla rivista “Oinos” – di  G. Soldera

Considerazioni sull’annata 2012 e, in generale, sulla gestione delle vigne atte a produrre acini di uva vocati a diventare un grande vino; premesso che:

1) Senza una terra e un habitat grandissimi è assolutamente impossibile fare un grandissimo vino.

Cosa è un grande vino, quali sono le caratteristiche che distinguono un grande vino dagli altri:

  1. a) armonia = equilibrio = proporzione (se un manufatto non è proporzionato, crolla)
  2. b) Eleganza = finezza.
  3. c) Complessità= molteplici sensazioni di profumi, gusti, piacere.
  4. d) Naturalità = uva sana e matura con sola trasformazione naturale degli zuccheri in alcool e in tutte le altre sostanze del vino.
  5. e) Effetti medicamentosi = desiderio di ribere quel vino; senso di benessere; soddisfazione; comunione; amicizia; resveratrolo.
  6. f) Tipicità: possibilità di riconoscere in quel vino il   micro territorio (vigna) dove nasce.
  7. g) Unicità: il grande vino non è sostituibile perché ha caratteristiche uniche, perché riconoscibile, perché, se un altro produttore dovesse fare un vino simile, certamente se lo terrebbe o lo venderebbe imbottigliato con il suo marchio.
  8. h) Rarità: un grande vino è al culmine di una piramide di circa 30 miliardi di bottiglie che vengono prodotte ogni anno nel mondo; quanti possono arrivare alla cima? Per la mia esperienza circa 50/60mila bottiglie all’anno.
  9. i) Longevità: un grande vino deve migliorare per tanti anni e dare sensazioni diverse nel tempo. Il vino è l’unico prodotto naturale dell’uomo che può durare più a lungo della vita di un uomo.

Il vino è solo soggettività: la stessa bottiglia può valere mille euro per una persona e nemmeno 50 centesimi di euro per un’altra. E’ evidente che: Armonia – Eleganza – Complessità – Naturalità – Tipicità – Unicità –Rarità – Longevità sono valori che elevano notevolmente il costo di un vino, del resto qualsiasi prodotto con queste caratteristiche ha costi elevatissimi.

2) Certamente la naturalità, boschi, giardini, assenza di inquinanti sia nella terra che nell’aria e nell’acqua, cioè un equilibrio della Natura,  sono assolutamente indispensabili per la coltivazione della vite.

3) A questo punto interviene l’uomo, che deve preparare molto bene il terreno, soprattutto se sullo stesso ci fosse stata la vigna o altre essenze che possono danneggiare la vite (a esempio noci).

4) La scelta del portainnesto, che, a mio avviso, deve essere forte – sano – vigoroso, dovendo superare avversità che saranno nel futuro sempre maggiori e delle marze (che devono essere ambientate in quell’habitat da almeno 80 anni) è essenziale per la qualità dell’uva da vino.

5) L’agricoltore non deve mai dimenticare che la pianta lavora e agisce non per il frutto ma per il seme, cioè per la riproduzione, che è la continuazione della vita nel tempo per quella specie; se si sforza una pianta a produrre si ottiene la sua precoce morte o la sterilità della stessa; è emblematico l’aumento dei frutti senza seme, ciò è pericolosissimo per l’ecosistema.

Premesso quanto sopra, esaminiamo l’andamento della stagione 2011/2012, partendo dal 20/21 agosto 2011, quando la solata ha asciugato il 70% dell’uva a Case Basse: è successo, a mio avviso, che le piante, per sopravvivere, hanno assorbito l’acqua che era nell’acino; questo evento mi ha fatto capire che, a seguito delle mutazioni climatiche (che coi Proff. Fregoni e Vincenzini stiamo studiando da molti anni), dovevo rimettere in discussione tutte le lavorazioni e ho promosso un incontro a gennaio 2012 con colleghi – tecnici e soprattutto professori universitari, coi quali collaboro da molti anni, per studiare e sviluppare questa rivoluzione che ho messo in atto, dalla gestione delle foglie, molto più abbondanti del solito al minor diradamento dei grappoli rispetto agli anni precedenti; questo maggior ombreggiamento (fatto anche dalle femminelle, che ricadevano, ombreggiando così maggiormente l’uva) ha permesso di superare 82 giorni di sole molto intenso ed assenza totale di piogge (dal 4 giugno al 26 agosto con solo 4 ore di pioggia), senza che l’uva fosse danneggiata; ero così pronto a vendemmiare già dal 3-4 settembre (come avevo già fatto nel 2003) con uva sana e matura e con vigne che non avevano sofferto per la siccità e la mancanza di piogge. Le successive piogge di settembre hanno posticipato la vendemmia al 17-18 settembre e solo una settimana prima ho iniziato a togliere le foglie davanti ai grappoli.

La vendemmia è stata fatta con uve bellissime, sane e mature; la diraspatrice – selezionatrice degli acini, secondo il diametro, che mi lascia tutti gli acini interi e mi dà una grande possibilità di scelta manuale degli stessi prima dell’entrata nei tini di vinificazione, è sicuramente importantissima e lo sarà sempre di più in futuro per il peggioramento delle situazioni climatiche: negli ultimi cinque anni ho avuto a Case Basse tre anni con eccesso d’acqua e due anni con eccesso di calore, cosa assolutamente anomala per la situazione climatica da 40 anni a Case Basse.

La vinificazione è iniziata benissimo e lo scroscio del mosto nelle tinozze mi ha dato la certezza che il 2012 sarà un grandissimo vino Soldera.

Le analisi che il Professor Vincenzini fa sui campioni che vengono prelevati tutti i giorni dalla cantina mi tranquillizzano sull’andamento ottimale della fermentazione, che è, per ora, particolarmente facile nell’esecuzione dei rimontaggi; i mosti cambiano ogni giorno, dando profumi e sensazioni bellissime; sono particolarmente contento.

La vinificazione è durata 33 giorni e gli zuccheri si sono svolti lentamente e regolarmente, ho svinato un vino che reputo nella migliore tradizione Soldera e gli amici professori che hanno seguito la vinificazione giorno per giorno, mi confermano con tutte le analisi, gli studi e le sperimentazioni fatte che questa mia sensazione è da loro condivisa.

Nelle vigne, subito dopo la fine della vendemmia, abbiamo iniziato a rippare, scavallare e zappare a mano tutte le viti, in modo che la terra sia pronta a prendere la pioggia che verrà, che non deve scivolare sopra il terreno nei fossi, ma deve penetrare in profondità sotto le vigne per arricchire le vene che daranno da bere alle radici delle viti durante i periodi di siccità; ogni portainnesto deve essere libero dalla terra per prendere il freddo necessario a liberarlo dai parassiti; queste operazioni gestionali, che reputo essenziali, sono state portate a termine alla fine di ottobre e sono state possibili con l’utilizzo di dieci operai zappatori per venti giorni lavorativi.

Vorrei ritornare sul problema delle centrali atomiche, soprattutto quelle francesi, dove ne sono state trovate 19 (quattro delle quali vicino al nostro territorio) carenti perché mancanti di misurazione sismica e degli equipaggiamenti di soccorso in caso di incidenti, che sono risultati non adeguati; questa indagine è stata condotta per conto della Commissione Europea, che ha inoltre indicato da 10 a 24 miliardi di euro la somma necessaria per mettere in sicurezza le 134 centrali europee da eventi estremi (come quelli avvenuti in Giappone).

Le mie domande sono:

1) Nel calcolare il costo dell’energia si è tenuto conto di questi oneri?

2) Perché il contribuente deve pagare i danni che le società produttrici di energia provocano?

3) I morti e i feriti provocati dalle mancanze di sicurezza esistenti nelle centrali atomiche, oltre ai danni economici, hanno diritto ad ottenere le condanne penali dei responsabili di dette mancanze oppure si pensa sempre, all’italiana, che nessuno è mai responsabile o interviene la prescrizione (chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, scordiamoci il passato…)? Una nazione civile per progredire moralmente – socialmente – economicamente deve assolutamente avere certezza del diritto, cioè chi sbaglia deve pagare e le vittime devono essere risarcite.

È di questi giorni la notizia che il colosso cinese dell’informatica cinese Huawei investirà in Gran Bretagna 2 miliardi di dollari per un centro di alta tecnologia; il fondatore della società Ren Zhengfei ha motivato la scelta del Regno Unito principalmente per tre ragioni:

1) Qualità del sistema legale

2) Qualità del sistema educativo

3) Mercato notoriamente aperto

Questa scelta ci deve fare molto riflettere, poiché il “sistema Italia” è assolutamente deficitario in tutti e tre i casi soprariportati e dobbiamo tutti noi operare per sanare queste deficienze, non aspettando che la manna scenda dal cielo (reputo essenziale mandare i nostri giovani all’estero a studiare, in modo che siano pronti a confrontarsi col mondo).