“Analisi empirica sul mercato finale del Brunello di Montalcino”

Alberto Cigolini
Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli Studi di Brescia

 

Questo lavoro di ricerca è volto ad analizzare il mercato del Brunello di Montalcino, e si articola in due parti distinte:

Distribuzione. Siamo ricorsi ad interviste a testimoni privilegiati come proprietari di enoteche e category manager. Questa parte della ricerca si è concentrata in particolare sul mercato italiano.

Per quanto riguarda le enoteche il Brunello viene pagato non meno di 12-15€ per essere rivenduto ad almeno 18-20€. Il ricarico è solitamente del 30-40%La scontistica non è frequente sia da parte dei produttori o intermediari che da parte delle enoteche, e non supera mai il 5-10%. Le principali fasce di prezzo in enoteca sono: da 15 a 35€ (56,2% delle bottiglie vendute) – Da 35 a 50€ (23,9%) – Oltre 50€ (19,9%).  Nonostante l’avvento della GDO, non pare esserci alcun problema per il Brunello venduto in enoteca poiché secondo gli intervistati si tratta di mercati differenti.

Per quanto riguarda la GDO prima di tutto bisogna dire che sono poche le aziende in grado di trattare con questo canale distributivo.   Il prezzo a cui i category manager della GDO hanno dichiarato di acquistare il Brunello  è di 10€+IVA e raramente supera i 19€+IVA. Gli sconti sono minori rispetto ad altri vini e difficilmente oltre al 10%. Il prezzo a cui viene venduto ai clienti è tra i 20€ e i 30€, solo eccezionalmente  può essere superiore. Il 30% delle bottiglie vendute appartengono alla fascia più bassa (20€ circa), mentre il restante si distribuisce abbastanza equamente nelle fasce superiori. Secondo l’opinione degli intervistati, la GDO è il canale che offre il miglior rapporto qualità-prezzo.

Produzione. Per avere informazioni sulla totalità del mercato del Brunello abbiamo deciso di intervistare alcuni produttori. Una parte è quantitativa, volta ad investigare le fasce di prezzo (pagato dal cliente finale) del Brunello, la seconda è invece qualitativa, con domande relative a varie tematiche del mercato del Brunello.

Per rilevare le fasce di prezzo e la relativa distribuzione percentuale abbiamo adottato il metodo Delphi. Questa tecnica  è particolarmente indicata quando l’oggetto della ricerca è molto articolato, come nel nostro caso. Il metodo Delphi prevede di intervistare più volte un numero contenuto di soggetti. Al termine del primo round di interviste anonime si sintetizzano le risposte in un dato unico che viene mostrato agli intervistati. A questo  punto essi dovranno o confermare la prima intervista oppure rivederla, in virtù dei risultati mostrati loro. A questo punto si effettua un’ulteriore sintesi delle risposte del secondo round, ottenendo così i dati definitivi. In questo modo abbiamo ottenuto i seguenti risultati:

–          Italia: fino a 25€ (47,4% delle bottiglie) – Da 25 a 45€ (34,2%) – Da 45 a 70€ (11,7%) – Oltre  70€ (6,7%)

–          Estero: fino a 35€ (45,7%) – Da 35 a 60€ (29,2%) – Da 60 a 90€ (14%) – Oltre 90€ (1,2%)

In seguito abbiamo analizzato il fenomeno del Brunello a basso prezzo (sotto i 15-18€ a bottiglia) e abbiamo individuato due motivi principali (aziende andate in sovrapproduzione oppure aziende con necessità di liquidità) e due minoritari (adozione di prezzi civetta e bottiglie vendute attraverso la GDO a bassi prezzi in virtù  dei notevoli volumi).

Infine l’ultima parte qualitativa consiste in una serie di domande in batterie di item relative a diverse  tematiche. In sintesi, le ultime annate sono ritenute realmente ottime anche se una parte dei risultati commerciali è dovuta anche al marketing. La politica  di prezzo al ribasso applicata da certe aziende è vista negativamente per l’intero settore. Per quanto riguarda la crescente vendita di Brunello tramite la  GDO,  ciò non è visto negativamente anche se generalmente la GDO non è  considerata come un’alternativa alle enoteche. C’è un generale accordo riguardo al fatto che bisognerebbe concentrarsi sempre più sui mercati esteri, ma il mercato italiano deve restare comunque un caposaldo e non può essere abbandonato.

 

“La viticoltura di precisione in risposta al Global Warming: un sistema integrato di telerilevamento da drone e monitoraggio prossimale del vigneto per descrivere le dinamiche termiche del grappolo in un vigneto studio a Montalcino”

Salvatore Filippo Di Gennaro1-2
1Instituto di Biometeorologia (IBIMET), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Firenze
2Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Università di Perugia

 

I termini “Climate Change” e “Global Warming” sono ormai divenuti di uso corrente, il cambiamento climatico rappresenta una delle maggiori sfide che l’umanità dovrà affrontare nei prossimi anni. L’aumento delle temperature, lo scioglimento dei ghiacciai, la maggiore frequenza degli episodi di siccità e delle alluvioni sono tutti sintomi di un cambiamento climatico ormai in atto. I rischi per il pianeta e per le generazioni future sono enormi, e ci obbligano ad intervenire con urgenza. L’impatto di tali fenomeni sull’agricoltura sarà sempre più evidente, e nel dettaglio la viticoltura dovrà essere sottoposta ad un’attenta ripianificazione sia in termini ampelografici, individuando varietà, cloni e portinnesti resistenti a stress abiotici, idrici ed eccessi termico/radiativi, che in termini gestionali selezionando forme di allevamento più aperte e ombreggianti, e applicando tecniche colturali capaci di regolarizzare o perfino ritardare una maturazione troppo accelerata e/o sbilanciata. In questo contesto diviene un dovere e responsabilità primaria della ricerca esplorare e far luce sulle dinamiche con cui il clima interagisce sulla fisiologia della vite e il suo impatto sulla qualità. In questo lavoro viene proposto un approccio innovativo per analizzare nel dettaglio l’impatto termico e radiativo sui grappoli, e l’influenza del vigore e dell’ombreggiamento sul riscaldamento degli acini. Il protocollo messo a punto ha previsto l’impiego di una piattaforma UAV per analizzare l’eterogeneità in termini di vigore di un vigneto sperimentale; l’analisi dei dati acquisiti ha consentito di individuare parcelle di alto e basso vigore e collocarvi un monitoraggio prossimale della temperatura dei grappoli e della temperatura e umidità relativa interna alla cortina fogliare. I risultati ottenuti hanno permesso di descrivere nel dettaglio il microclima di sviluppo del grappolo dall’invaiatura alla maturazione, sino alla vendemmia. L’innovazione tecnologica viene a così giocare un ruolo importante nella comprensione dei processi in vigneto, e parallelamente si propone con sistemi non intrusivi a basso costo per il controllo dell’evoluzione del prodotto in cantina. Un ulteriore sviluppo di questo lavoro prevede il confronto con i dati derivati dalle analisi qualitative dei campioni di uva e con i dati delle microvinificazioni per valutare l’impatto di vigoria ed ombreggiamento sulla qualità finale del prodotto.

 

“L’evoluzione del profilo sensoriale del vino dopo l’apertura della bottiglia”

Analisi dell’andamento e della caratterizzazione del profilo sensoriale di vini rossi importanti e giovani dopo l’apertura della bottiglia: l’evoluzione sensoriale del vino da 0 a 144 ore dal momento in cui è stato stappato

Claudia Ferretti
Soc. Coop. Centro Studi Assaggiatori, Brescia

 

“La tradizione non è il culto delle ceneri, ma la custodia del fuoco”, così diceva Gustav Mahler e questo è l’obiettivo del Brunello di Montalcino e di questa ricerca.

All’interno di un vivo mercato, il vino italiano incontra nuovi usi e costumi con i quali confrontarsi e specchiarsi. Tra questi emerge la recente rinascita del consumo del vino al calice. Diverse sono le cause di questo fenomeno: l’aumento delle restrizioni legate al consumo di alcol e il codice stradale,  la crisi economica che porta a diminuire i consumi, la permanenza e la riaffermazione di una diffusa curiosità verso il prodotto.

Questo nuova tendenza di consumo porta ristoratori, enologi, consumatori e marketing manager a confrontarsi con la sensorialità del vino, prodotto vivo che può mutare i suoi caratteri nell’ambiente e nel tempo.

Abbiamo quindi voluto indagare le caratteristiche dell’evoluzione sensoriale di vini rossi rappresentanti la migliore enologia italiana legata alle antiche tecnologie enologiche da invecchiamento, che abbiamo chiamato “vini importanti” e di vini rossi di enologia più recente il cui consumo risulta in crescita, che abbiamo chiamato “vini giovani”, analizzandone il profilo sensoriale in quattro diversi momenti di consumo e conservazione: a bottiglia appena aperta e a bottiglia aperta da  24, 96 e 144 ore.

In 5 sessioni d’assaggio due commissioni hanno quindi analizzato i campioni attraverso il metodo Big Sensory Test Avanzato, misurando 44 descrittori e definendo così il profilo descrittivo quantitativo sui diversi livelli, l’indice edonico e i generatori edonici. Tutto controllando l’attendibilità dei descrittori, l’indice di efficacia dei giudici e la scheda utilizzata per la misurazione dei valori.

I profili e i dati ottenuti dai test sono stati elaborati con tecniche statistiche parametriche e non parametriche, univariate e multivariate al fine di determinare le principali caratteristiche legate all’evoluzione dei vini stessi, mettendo a confronto tempi di apertura sugli stessi vini e rapportando tra loro le diverse famiglie di vini giovani e importanti.

I dati emersi dalla ricerca rivelano che all’apertura della bottiglia hanno effettivamente inizio le evoluzioni del vino che portano alla sua lenta trasformazione. Un cambiamento sensoriale che nelle prime ore risulta poco percepibile per poi diventare più appariscente.

Tali cambiamenti sensoriali avvengono però in modo diverso nei vini importanti rispetto a quelli giovani:

  • i vini importanti acquisiscono nel tempo in modo evidente e costante una sempre maggiore prevalenza delle percezioni di fruttato e floreale, perdendo anche eventuali imperfezioni legate alle fasi di riduzione;
  • nei vini giovani nel tempo aumentano i sentori legati al fruttato, ma crescono anche le percezioni di ossidato.

Per i vini importanti possiamo quindi ipotizzare una collocazione di rilievo all’interno del mercato del vino al calice, perché in grado di soddisfare i nuovi bisogni e i nuovi costumi grazie alla ricchezza di una storia, un territorio e una cultura da raccontare, alla profondità e complessità sensoriale di cui sono portatori e a un’evoluzione sensoriale in bottiglia aperta che porta a evidenziare la loro ricchezza.

 

“Drosophila suzukii (Matsumura, 1931) (Diptera: Drosophilidae): da moscerino dei piccoli frutti a possibile minaccia per la viticoltura toscana”

Giuseppe Mazza
Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura – Centro di ricerca per l’Agrobiologia e la Pedologia, Firenze

 

Drosophila suzukii (Matsumura, 1931) (Diptera: Drosophilidae) è una specie aliena invasiva, originaria del Sud-Est asiatico e rinvenuta per la prima volta in Italia nel 2009. A differenza di altri drosofilidi, questo moscerino è un fitofago di notevole rilevanza economica essendo in grado di ovideporre su frutti sani prima della raccolta. Nel nostro paese la specie ha confermato la sua grande capacità dispersiva e la sua ampia polifagia: la presenza di adulti è stata rilevata in numerose regioni italiane con infestazioni evidenti a carico di frutti diversi, sia di essenze coltivate che spontanee.

La presente ricerca si colloca all’interno del progetto ‘Droskii’, volto allo studio della diffusione e del controllo di D. suzukii, e ha i seguenti obiettivi: 1) valutare la diffusione della specie in Toscana, in particolare in aziende dell’areale vitivinicolo di Montalcino (SI); 2) date le scarse informazioni sulla suscettibilità di Vitis vinifera a D. suzukii, esaminare, attraverso prove di laboratorio, quanto alcune delle cultivar più presenti in Toscana (Sangiovese, Merlot e Petit Verdot), possano costituire un pabulum per la specie in questione.

Dal monitoraggio è risultato che D. suzukii è ormai ampiamente diffusa sul territorio regionale con segnalazioni nelle diverse province. Le trappole, posizionate all’interno dell’aree di studio, hanno messo in evidenza la presenza di questo insetto altamente invasivo, seppur con basse densità e, al 2013, assenza di danni evidenti sui grappoli.

Gli esperimenti di laboratorio confermano il carattere generalista e polifago di D. suzukii, tipico di una specie invasiva: questo insetto è in grado di deporre le uova in tutte e tre le varietà di uva utilizzate. In accordo con la letteratura, l’uva non sembra essere l’ospite preferito, visto il basso numero di uova deposte e di adulti sfarfallati. E’ da rilevare comunque la preferenza per il vitigno Sangiovese rispetto al Merlot e al Petit Verdot: questa varietà è risultata quella su cui D. suzukii ha deposto il maggior numero di uova. L’ovideposizione, anche se inferiore rispetto a quella registrata su piccoli frutti come mora, mirtillo e lampone, piante ospiti preferite, conferma la possibilità dell’insetto di utilizzare anche la vite nelle fasi di dispersione e strutturazione delle sue popolazioni.

Ai danni diretti su vitigni, per il momento in Italia consistenti solo nei confronti della varietà Schiava, vanno aggiunti quelli indiretti. La deposizione delle uova avviene soprattutto in acini danneggiati e potrebbe favorire l’ingresso di microrganismi patogeni, in particolare funghi.

Per il momento, D. suzukii non sembra rappresentare una minaccia diretta per la viticoltura toscana ma, ulteriori approfondimenti sono necessari per valutare sulle diverse  varietà di uva: le caratteristiche ‘attrattive’/’nutrizionali’ delle varietà; l’incidenza della mortalità larvale e l’entità dei parametri biologici degli adulti sfarfallati; il possibile trasferimento/colonizzazione di microrganismi patogeni, in particolare durante la fase di perforazione della buccia e dello  stoccaggio dei grappoli.

 

“Tracciabilità geografica del vino mediante quantificazione ed identificazione neutronica di atomi lantanidi”

Emanuela Pusceddu
Institute of Biometeorology, National Research Council, Firenze

 

Il vino è una bevanda diffusa in tutto il mondo. Un problema che affligge l’industria agro-alimentare, in particolare il vino, sia dal punto di vista della qualità del prodotto che da quello economico, è costituito dalla falsificazione, come il danno derivante dall’errata dichiarazione e miscelazione di vini. Numerosi studi hanno affrontato il tema della tracciabilità varietale del vino ed hanno permesso di mettere a punto metodologie di analisi solide mentre, ad oggi, sono pochi gli studi relativi alla tracciabilità geografica. Il vino è una miscela complessa di acqua ed etanolo contenente sostanze inorganiche ed organiche, e microelementi tra cui gli elementi della famiglia dei lantanidi, presenti in ultra-tracce. Precedenti studi hanno analizzato il vino mediante la tecnica dello spettrometro di massa per ottenere una correlazione tra gli elementi chimici, terre rare, nel terreno e nella pianta stessa. Nel presente lavoro è stata invece utilizzata una tecnica innovativa, la diffrazione da neutroni, con l’obiettivo di correlare il vino all’area specifica di ‘produzione’. Mediante questa tecnica è possibile ottenere dettagliate conoscenze sulle varie strutture cristalline presenti nel vino. Sono stati esaminati campioni di mosto e relativo suolo con due diverse provenienze. I campioni di suolo e di uva sono stati raccolti su tre vigneti (varietà Sangiovese): i primi due nella Società Agricola Case Basse (Montalcino – SI) in corpi aziendali adiacenti denominati “Case Basse”  ed “Intistieti” (distanza<1km); il terzo presso L’Azienda Agricola Montepaldi (San Casciano Val di Pesa – FI). Il suolo è stato setacciato, polverizzato e liofilizzato; il mosto è stato ottenuto mediante spremitura dei grappoli, filtrato per eliminare vinaccioli e buccia e poi liofilizzato. La liofilizzazione dei campioni è necessaria per eleminare il segnale amorfo dovuto all’acqua. Dagli spettri di diffrazione da neutroni si evince la presenza di due strutture cristalline che si ripetono nel suolo e nel mosto con la stessa provenienza. Nei campioni relativi al vigneto di Case Basse, è stata identificata la struttura cristallina del minerale Deveroite-Ce, contenente il lantanide Cerio (Ce). Mentre nei campioni di suolo e mosto relativo al vigneto di Montepaldi, si è trovato il minerale Monazite-(La) contenente il lantanide progenitore Lantanio (La). Questi due minerali caratterizzano peculiarmente e collegano il mosto alla sua aria geografica di produzione. Un’ulteriore analisi è stata svolta al fine di capire la composizione chimica elementare dei vari campioni, sfruttando la tecnica neutronica. Per quanto riguarda i suoli, si è ottenuta una misura quantitativa dei lantanidi presenti nei rispettivi minerali. Per i mosti è stata effettuata una analisi combinata tra i dati sperimentali di diffrazione e quelli simulati attraverso il codice GEANT, ottenendo risultati concordanti che confermano la capacità di questa metodologia di legare univocamente il prodotto finale (mosto) con il luogo geografico di origine (suolo), e suggerisce ampie potenzialità di applicazione nel discriminare due aree di produzione, teoricamente anche molto vicine. Con queste tecniche si possono ottenere risultati più accurati, proponendo un nuovo protocollo e più accurate analisi per la tracciabilità di biomateriali, in particolare dei vini.

 

“Variabilità del profilo antocianinico di vini da uve Sangiovese: un caso studio nell’areale del Brunello di Montalcino”

Yuri Romboli
Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari, Alimentari e Forestali, Sez. di Microbiologia, Università degli Studi di Firenze

 

Le antocianine o antociani appartengono alla famiglia chimica dei flavonoidi ed hanno un ruolo molto importante nel regno vegetale, in quanto contribuiscono alla colorazione di vari fiori e frutti. Da un punto di vista enologico, le antocianine sono diventate argomento di studio poiché, in funzione della loro natura e concentrazione, determinano il colore di un vino rosso. Inoltre, esse rivestono rilevante importanza ai fini di riconoscimento tassonomico: è infatti noto che la biosintesi di questi metaboliti risulta sotto stretto controllo genetico e varia considerevolmente tra le diverse varietà di Vitis vinifera. Tuttavia, la composizione e le proporzioni delle singole antocianine, risultano relativamente stabili all’interno di una singola cultivar nonostante alcune variabili ambientali, climatiche e colturali possano influenzarne il contenuto. E’ noto che l’uva è caratterizzata da una considerevole plasticità fenotipica, ovvero dalla capacità di esprimere un range di fenotipi in funzione dell’ambiente. Questo si traduce nella variabilità compositiva dei grappoli di uno stesso clone provenienti dallo stesso vigneto, tra i grappoli della stessa pianta e tra gli acini di uno stesso grappolo. Al riguardo, un recente studio effettuato su numerosi vini commerciali monovarietali ha messo in evidenza una notevole variabilità nelle percentuali di antocianine, che pur distinguendo i vini ottenuti da diverse varietà di uva di origine , caratterizza il profilo dei vini ottenuti da uve Sangiovese. Per indagare su tale variabilità, in condizioni di laboratorio, sono state effettuate delle vinificazioni di uve Sangiovese provenienti dallo stesso vigneto e vendemmiate in 4 annate consecutive (2009 – 2012) in condizioni di laboratorio. I vini ottenuti hanno mostrato una elevata variabilità nei profili antocianinici ed un elevata variabilità nel rapporto antocianine tri-sostituite/di-sostituite. Dall’analisi delle correlazioni è emerso che tale rapporto risulta essere fortemente influenzato dalle condizioni climatiche dell’annata. In particolare, è stata riscontrata una relazione altamente significativa tra i rapporti antocianinici nei vini ottenuti e i valori di somma termica calcolata nel periodo che intercorre tra la fase di invaiatura e la vendemmia (r=0.9956 p=0.004).