“Neuroscienze e qualità del vino: analisi biometrica delle percezioni sensoriali durante l’assaggio di vini rossi”

Dott. Bariselli Andrea – Thimus
Dott. Pipperi Luca – Thimus
Centro Studi Assaggiatori

 

1. ABSTRACT
Che cos’è un’esperienza? È possibile misurarla direttamente? E’ possibile analizzare con parametri scientifici le emozioni che suscita?

Uno dei problemi più annosi del processo di analisi sensoriale condotto sui vini riguarda la misurazione veritiera e riproducibile di tutte le percezioni, i pensieri e le emozioni provate da un giudice durante l’assaggio di un determinato vino.

Il problema principale di questa procedura risiede nel fatto che la risposta fornita in seguito ai ragionamenti, ai pensieri e alle elaborazioni operate da parte del giudice difficilmente coincide con l’originaria percezione dell’esperienza stessa. Ne è piuttosto una ricostruzione successiva, che condensa al proprio interno decine di variabili diverse, tra cui il ricordo dell’esperienza, le aspettative in merito ad essa, i fattori contestuali e le emozioni del momento, rendendo così il giudizio finale in merito alla qualità del vino spesso totalmente inaffidabile.

La ricerca in ambito psicologico ci insegna come qualsiasi metodo “a posteriori” implichi un certo grado di alterazione dell’esperienza che si vuole indagare. Il solo modo per ottenere dei dati affidabili in merito a un determinato evento è riuscire a ricavarli dall’evento stesso. Una metodologia tra le più affidabili, efficaci e diffuse per ottenere questo tipo di dati proviene dalle neuroscienze. In particolare, per il presente studio ci siamo affidati alla rilevazione elettroencefalografica (EEG). Mediante diversi elettrodi posizionati sullo scalpo dei giudici selezionati, l’EEG permette di monitorare, con un’accuratezza temporale nell’ordine dei millisecondi, l’attività elettrica del cervello. A seconda dei pattern di attivazione che vengono rilevati si possono fare inferenze anche molto precise sul tipo di processi cognitivi, emotivi e percettivi in atto in quel preciso momento.

2. METODO SPERIMENTALE
Un Sangiovese 100% Soldera del 2008, un supervino (Merlot, Sangiovese e Shiraz), un Nero d’Avola e un novello veronese (Bardolino) del 2013 sono stati i quattro vini sottoposti al giudizio di un gruppo di 9 assaggiatori professionisti (7 uomini, 2 donne, età media 37 anni). Il test di analisi sensoriale è stato condotto utilizzando un piano di assaggio ruotato secondo il metodo BST avanzato vini rossi. Al termine del test, i campioni sono stati nuovamente sottoposti, uno per volta, ai giudici. In questa fase è stato rilevato il tracciato EEG di ognuno dei giudici, per la durata di 15 secondi, durante ognuna delle 3 fasi dell’assaggio: visiva, olfattiva e tattile/gustativa/retrolfattiva. L’esperimento è stato successivamente replicato a distanza di trenta giorni, con le medesime modalità ed utilizzando le stesse bottiglie di vino del test originario, coinvolgendo 9 nuovi giudici (7 uomini, 2 donne, età media 46 anni).

Lo strumento utilizzato per la presente ricerca è Emotiv Epoc, un dipositivo EEG portatile a 14 canali. I dati ottenuti da questo strumento sono stati suddivisi per fase dell’assaggio, onda cerebrale, area cerebrale e tipologia di vino. L’analisi dei dati è stata condotta tramite rmANOVA (analisi della varianza a misure ripetute).

3. DISCUSSIONE E RISULTATI
I risultati ottenuti hanno confermato in prima battuta che l’eccessiva importanza che viene data all’elemento visivo (fase visuale dell’assaggio) non è realmente giustificata. Infatti la fase in cui avviene il giudizio determinante per la piacevolezza e l’apprezzamento qualitativo del vino è quella tattile/gustativa/retrolfattiva, seguita dalla olfattiva e, buona ultima, da quella visiva. Tale risultato pone un interrogativo importante sull’utilità di alcune delle pratiche spesso utilizzate nell’industria vinicola per migliorare l’appetibilità visuale del prodotto, prima tra tutte quella di inquinare grandi vini con vitigni cosiddetti “miglioratori” che apportano colore, ma non certamente gusto e sostanza.

Riguardo ai ritmi cerebrali poi, i risultati dimostrano che, indipendentemente dal momento nel quale il vino viene degustato, che si tratti di vino appena stappato oppure assaggiato a trenta giorni di distanza dall’apertura della bottiglia, esso tende a stimolare in maniera maggiore la banda cerebrale ad alta frequenza Alpha, che indica la presenza di emozioni positive. Tende poi ad attivare in maniera minore, rispettivamente, le onde Theta, tipiche dei momenti di meditazione, Delta, proprie dei momenti di abbandono e della vicinanza al sonno, e Beta, sintomatiche invece di momenti di ansia e tensione.

Le aree cerebrali maggiormente attivate risultano invece essere principalmente l’area frontale (emozione positiva e pensiero superiore), seguita dalla temporale (apprendimento, memoria), dalla occipitale (elaborazione visiva) e, infine, dalla parietale (lettura e informazioni di tipo tattile).

Passando poi al confronto tra i singoli vini selezionati, è doverosa una precisazione. Negli ultimi tempi il mercato del vino sembra avere una particolare predilezione per i vini molto esaltati, spesso fruttati, meglio se di origini francesi. Sull’onda di questa forte pressione generalizzata, si sta assistendo ad un sempre crescente sforzo da parte di produttori ed enologi nel produrre e vendere supervini con tali caratteristiche, quali che siano l’ambiente originario e il vitigno di derivazione. Pare però che questa tendenza non trovi nella mente di chi beve vino tutto il riscontro che ci si aspetterebbe in termini di piacevolezza e di gradimento dell’esperienza, non giustificando di fatto una così massiccia produzione di vini tanto esaltati. Il presente studio ha messo infatti in evidenza come il super vino preso in esame è risultato molto meno in grado di attivare tutte le aree cerebrali rispetto all’elegante Sangiovese Soldera con il quale è stato confrontato. E questo non solo rispetto alle onde Alpha, classiche dell’emozione, ma persino rispetto alle onde Theta, quasi che il vino Soldera abbia, rispetto ai concorrenti, la capacità intrinseca di stimolare a tal punto i sensi di chi lo beve da indurre sensazioni tanto intense di beatitudine paragonabili a stati di estasi.

 

“Defogliazione precoce: effetti sull’andamento fermentativo e sulle caratteristiche finali del vino da uve Sangiovese dell’areale di produzione del Brunello di Montalcino”

Diletta Berta1 e Yuri Romboli2
1Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, Università degli Studi di Torino
2Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari, Alimentari e Forestali, Sez. di Microbiologia, Università degli Studi di Firenze

 

La defogliazione precoce è una tecnica di gestione della chioma che negli ultimi anni ha assunto sempre più importanza per i suoi effetti sul controllo della produzione e per il miglioramento qualitativo delle uve. Alcuni studi hanno considerato anche l’effetto prodotto sui parametri qualitativi dei vini, ma i risultati non sono sempre concordanti.

Pertanto, lo scopo di questo lavoro è stato di valutare gli effetti della defogliazione precoce su vini prodotti da uve Sangiovese coltivate in una specifica realtà aziendale nell’areale di produzione del Brunello di Montalcino. Dopo aver eseguito una caratterizzazione chimica dei mosti di partenza, durante la fermentazione alcolica e al momento della svinatura sono stati progressivamente monitorati i parametri chimici, la composizione fenolica e il colore.

I vini prodotti da uve delle tesi sottoposte a defogliazione precoce (DEF) sono risultati più alcolici in virtù di un più alto contenuto zuccherino dei mosti. Nessuna differenza significativa è emersa sui parametri di acidità totale e di pH. I vini DEF presentavano un più alto valore di intensità colorante e di tonalità. Infine, la concentrazione fenolica totale risulta superiore nei vini della prova defogliata per un più elevato contenuto di composti fenolici non antocianinici.

Nonostante non sia possibile determinare in modo assoluto gli effetti di un intervento colturale considerando una sola annata, per quest’anno è stato possibile osservare che la defogliazione precoce applicata al Sangiovese ha migliorato il colore in quanto ha permesso un maggiore accumulo di composti fenolici non antocianinici che hanno aiutato la stabilizzazione dei pigmenti colorati e contribuito direttamente ad aumentare l’intensità colorante e la tonalità del vino.

“Glutatione: determinazione del contenuto di un antiossidante naturale durante il processo fermentativo di uve Sangiovese”

Martina Cerretelli
Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari, Alimentari e Forestali, sezione di Microbiologia, Università degli Studi di Firenze
FoodMicroTeam, Spin-off Accademico dell’Università di Firenze

 

Nei mosti e nei vini, la notorietà del glutatione deriva dalla sua capacità di controllare i danni ossidativi e di limitare l’imbrunimento tramite la riduzione degli o-chinoni prodotti dall’azione della polifenolossidasi a partire dagli acidi idrossicinnamici. Nel presente studio è stata monitorata l’evoluzione del contenuto di glutatione durante il processo fermentativo di tre vinificazioni di uve Sangiovese dell’annata 2015, effettuate presso una Società Toscana in Val d’Orcia. Dai risultati ottenuti emerge che i mosti appena pigiati possiedono una concentrazione di glutatione sia nella forma ridotta che nella sua forma ossidata, derivante dall’uva. Durante la fermentazione alcolica il contenuto di glutatione subisce un’evoluzione che può essere messa in relazione con lo sviluppo delle popolazioni di Saccharomyces cerevisiae; in corrispondenza della fase di crescita esponenziale dei lieviti la concentrazione di glutatione ridotto subisce una flessione che si potrebbe ricondurre al consumo di tale sostanza da parte di questi in fase di crescita attiva, per poi essere rilasciata nell’ambiente-vino in corrispondenza della fase di morte, in seguito all’autolisi a fine processo fermentativo. Lo studio ha messo in evidenza come la quantità di glutatione rilasciata dal lievito sia molto più rilevante di quella derivante dalle uve, nel determinare il contenuto finale del vino.

“Le origini del Sangiovese: dal Sud Italia a Montalcino e oltre…”

Marica Gasparro
Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA) – Unità di ricerca per l’uva da tavola e la vitivinicoltura in ambiente mediterraneo, Turi (BA), Italia

 

Lo scopo di questo lavoro è stato quello di scoprire, attraverso la caratterizzazione ampelografica e molecolare, il pedigree del Sangiovese, il più importante e diffuso vitigno da vino italiano. Con questo obiettivo, abbiamo analizzato la nostra collezione di germoplasma viticolo per valutare la presenza di parentele e, sorprendentemente, abbiamo individuato due candidati genitori del Sangiovese, mai riportati prima. Il primo genitore putativo è il Ciliegiolo, una varietà già conosciuta come parente del Sangiovese; il secondo genitore putativo è il Negrodolce, un’antica varietà locale da noi recuperata, che era stata considerata persa durante l’ultimo secolo.

Mediante la caratterizzazione molecolare e con il supporto di quella ampelografia, abbiamo dimostrato anche che Gaglioppo di Cirò, Mantonicone e Nerello Mascalese, tre varietà recuperate in regioni dell’Italia meridionale, come Calabria e Sicilia, derivano dall’incrocio tra Sangiovese e Mantonico di Bianco, un vitigno autoctono calabrese.

Con questo lavoro si vuole mostrare l’importanza di differenti approcci come ampelografia, ricerche storiche e caratterizzazione molecolare, nel rivelare le relazioni di parentela padre-figlio.

Abbiamo riportato, così, una forte e completamente nuova evidenza dell’origine meridionale del Sangiovese, arricchendo il contenuto storico e culturale di questa varietà così da renderlo ancor più un vitigno di importanza nazionale.

 

“Stima delle caratteristiche strutturali altezza e volume di due vigneti toscani tramite l’utilizzo di immagini ad alta risoluzione” 

Leolini L., 1 Brilli, L., 1 Di Gennaro, S.F.2
1Università di Firenze, DiSPAA, Firenze, Italy.
2IBIMET-CNR, Sesto Fiorentino (FI), Italy

 

La viticoltura Toscana riveste un grande interesse a livello nazionale ed internazionale per la produzione di vini di alta qualità. L’applicazione dell’agricoltura di precisione potrebbe pertanto offrire ai viticoltori un importante strumento per ottenere informazioni relative alle principali caratteristiche strutturali della vegetazione e favorire la gestione più adatta per ogni specifico sistema viticolo.

In questo contesto, attraverso l’elaborazione di immagini remote acquisite ad altissima risoluzione da aeromobili a pilotaggio remoto (APR o droni), il nostro studio ha permesso la determinazione del profilo delle altezze e del volume dei filari a partire da un modello 3D di due vigneti situati rispettivamente nell’area di Montepaldi (Firenze) e Montalcino (Siena). I risultati ottenuti hanno consentito di descrivere in dettaglio le caratteristiche strutturali dei filari all’interno del vigneto (altezza e volume), evidenziando le ottime prestazioni di un approccio analitico basato su un modello 3D nel fornire informazioni rilevanti all’interno di un sistema complesso quale è il vigneto.

Questo studio ha messo in evidenza come l’uso dei diversi strumenti tecnologici ed, in particolare, dei sistemi di acquisizione di immagini a basso costo sia in grado di fornire dati sulle caratteristiche ecofisiologiche della vite, quali lo stato di vigore della pianta e la stima dei principali parametri produttivi e di qualità.

 

“Il Brunello di Montalcino nel panorama dei vini da investimento”

Dott. Simone Maifredi
Dott.sa Ida Bellini
Centro Studi Assaggiatori Soc. Coop.
Università degli Studi di Brescia

 

In un periodo di conclamata congiuntura negativa, il numero di persone alla ricerca di investimenti alternativi in grado di offrire una buona redditività con un rischio relativamente contenuto è in continua crescita. Dalla fine del secolo scorso si sta diffondendo l’idea che il vino non sia più solamente un bene di consumo in grado di regalare emozioni dal punto di vista sensoriale ma una vera e propria forma di investimento, un’opportunità speculativa attraverso cui diversificare i propri impieghi.

Uno dei principali motivi degli investimenti vinicoli riguarda la volontà, da parte degli investitori, di ottenere alti rendimenti, a volte anche in tempi relativamente brevi, o comunque minori rispetto ad alcune azioni o ad alcune obbligazioni.

Per essere considerato “da investimento” un vino deve però possedere determinate caratteristiche:

–        essere famoso e con caratteristiche sensoriali uniche/rare;

–        essere prodotto in tirature limitate;

–        avere la possibilità di essere conservato in cantina per tempi lunghi o lunghissimi.

La fama di un vino è un fattore cruciale. A partire dalla regione di provenienza, passando per la denominazione fino ad arrivare allo specifico produttore; tutte variabili che rendono un vino famoso o meno. Spesso i vini devono la propria notorietà al fatto che possiedono delle caratteristiche sensoriali che altri non hanno, come per esempio un aroma particolare che permette a un determinato vino di distinguersi dagli altri.

Un’altra caratteristica fondamentale è la longevità. Spesso gli investimenti vinicoli non sono a breve termine perciò la capacità del vino di conservarsi nel tempo è fondamentale. Non tutti sono adatti per essere “incantinati” per 10/15/20 anni; infatti, solo alcuni vini riescono in un lasso di tempo così ampio a non perdere tutti quegli aromi che lo contraddistinguono.

Un vino che possiede le caratteristiche sopra citate se acquistato, opportunamente conservato per qualche anno e poi rivenduto consente di ottenere degli ottimi profitti, decisamente superiori a quelli puramente monetari, paragonabili a quelli dell’oro e del petrolio e superiori a quelli di altre commodities o dei principali indici azionari come ad esempio il FTSE 100 e lo S&P 500.

Quello dei vini da investimento è quindi un mercato nuovo con grandi margini di crescita. Lo dimostrano gli enormi passi in avanti compiuti dal settore negli ultimi vent’anni, in cui si sono susseguite sempre nuove forme d’investimento legate al vino, partendo dai future passando poi per i fondi d’investimento specializzati e le aste di vini pregiati e rari.

Non vanno poi trascurati i rischi connessi a questo tipo di investimento. La mancanza di un mercato regolamentato complica sensibilmente le cose. Uno dei rischi che corrono gli investitori è di comprare bottiglie che poi non si sa a chi rivendere. Ecco perché è sempre meglio rivolgersi a persone qualificate e già operanti nel settore.

Se in termini di rendimenti l’investimento vinicolo può sembrare molto appetibile, non si può dire lo stesso della sua volatilità. Il rapporto “rischio/rendimento” vede soccombere il vino rispetto ad altre forme di investimento da collezione, che hanno sì rendimenti inferiori ma con una volatilità decisamente più bassa (Dimson et al., 2013). Questo significa che investire in vino può essere anche molto pericoloso: si può fare un ottimo affare o un pessimo affare, anche se, come sosteneva Gianni Agnelli, ex proprietario di Chateau Margaux, “fare vino è un grande mestiere perché se non riesci a venderlo, male che vada si può sempre bere”.

 

“Caratterizzazione e tracciabilità geografica del vino mediante atomi lantanidi e operatività in laboratorio

Pusceddu
Institute of Biometeorology, National Research Council, Firenze, Italy.

 

Il vino è una bevanda di grande significato sociale ed economico. Il consumo mondiale annuo di vino è stato stimato (nel 2014) a circa 240 milioni di ettolitri dall’Organisation Internationale de la Vigne et du Vin (OIV) [1] e gli scambi mondiali di vino hanno ripreso a crescere in termini di volume (104 milioni di hl), per un valore stabile di 26 miliardi di euro. Questi dati portano a considerare alcuni aspetti relativi all’importanza di questo prodotto sia a livello mondiale che ‘locale’ e quanto si necessiti la sua protezione in termini di qualità; questo aspetto è fortemente legato alla posizione geografica di produzione. Uno dei problemi che affligge l’ambito agro-alimentare e soprattutto il vino è costituito dalla falsificazione. Numerosi studi hanno affrontato il tema della tracciabilità varietale del vino ed hanno permesso di mettere a punto metodologie di analisi solide mentre, ad oggi, sono pochi gli studi relativi alla tracciabilità geografica. Il vino è una miscela complessa di acqua ed etanolo contenente sostanze inorganiche ed organiche, e microelementi tra cui gli elementi della famiglia dei lantanidi, presenti in ultra-tracce. Precedenti studi hanno analizzato il vino mediante la tecnica dello spettrometro di massa per ottenere una correlazione tra gli elementi chimici, terre rare, nel terreno e nella pianta stessa. Nel presente lavoro è stata invece utilizzata una tecnica innovativa, la diffrazione da neutroni, con l’obiettivo di correlare il vino all’area specifica di ‘produzione’. Mediante questa tecnica è possibile ottenere dettagliate conoscenze sulle varie strutture cristalline presenti nel vino. Sono stati analizzati campioni di mosto ed i corrispondenti suoli provenienti da tre diversi vigneti: i primi due nella Società Agricola Case Basse (Montalcino – SI) in corpi aziendali adiacenti denominati “Case Basse”  ed “Intistieti” (distanza<1km); il terzo presso L’Azienda Agricola Montepaldi (San Casciano Val di Pesa – FI). Il suolo è stato setacciato, polverizzato e liofilizzato; il mosto è stato ottenuto mediante spremitura dei grappoli, filtrato per eliminare vinaccioli e buccia e poi liofilizzato. Dagli spettri di diffrazione da neutroni si evince la presenza di diverse strutture cristalline sia nel suolo e che nel mosto. Nei campioni relativi al vigneto di Case Basse, è stata identificata la struttura cristallina del minerale Deveroite-Ce, contenente il lantanide Cerio (Ce). Nel vigneto Intistieti, adiacente a Case Basse, sono stati trovati i minerali Gadolinite-Y e Perrierite-Ce, che contengono specie atomiche come Ittrio (Y), Cerio (Ce), Neodimio (Nd), ed il progenitore della famiglia dei Lantanidi, il lantanio (La). Mentre nei campioni di suolo e mosto relativi al vigneto di Montepaldi, è stato trovato il minerale Monazite-(La) contenente anche il Lantanio. Questi minerali caratterizzano peculiarmente e collegano il mosto alla sua aria geografica di produzione. Questo lavoro è stato focalizzato anche sull’aspetto della caratterizzazione del vino potendo utilizzare strumenti di laboratorio più accessibili, al fine di permettere ai vari produttori di vino l’analisi del proprio prodotto e quindi la sua caratterizzazione in maniera più diretta, rispetto alle misure che si possono fare nei centri internazionali di ricerca. Sulla base di questi studi, la nostra ricerca è finalizzata alla caratterizzazione e discriminazione dei lantanidi nei suoli e nei mosti/vini provenienti da varie aree, discriminando così il prodotto. Oltre alla tecnica della diffrazione da neutroni, è stata usata una tecnica da laboratorio convenzionale, la fluorescenza-X per caratterizzare il vino ed il suolo di origine ed i suoi elementi Lantanidi.

 

“Defogliazione precoce: effetto sull’ecologia microbica, sui parametri produttivi e sulle caratteristiche chimiche di uve Sangiovese dell’areale di produzione del Brunello di Montalcino”

Yuri Romboli1 e Diletta Berta2
1Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari, Alimentari e Forestali, Sez. di Microbiologia, Università degli Studi di Firenze
2Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, Università degli Studi di Torino

 

Il presente lavoro ha mirato a comprendere l’effetto della tecnica di defogliazione precoce su parametri di tipo microbiologico, produttivi e chimici di uve Sangiovese coltivate in una specifica realtà aziendale dell’areale di produzione del Brunello di Montalcino nell’annata 2015. In particolare, la tecnica ha previsto la rimozione delle 5-7 foglie basali all’inizio della fase di fioritura (5-10% fiori aperti). La prima parte del lavoro si è incentrata sulla caratterizzazione climatica dell’annata 2015 che è risultata più calda e con una quantità di piogge inferiori rispetto alla media calcolata nel periodo 2007-2014. Le popolazioni di lievito sono risultate influenzate dalla pratica di defogliazione precoce nelle fasi comprese tra pre-chiusura del grappolo ed invaiatura con densità di popolazione generalmente più elevate nelle uve da piante sottoposte a tale tecnica (DEF). Tuttavia, al momento della vendemmia le popolazioni hanno raggiunto valori di conte comparabili (≈104 cell/g) e costituite, indipendentemente dalla tecnica di gestione della chioma, da i generi Kloeckera e Candida. Le condizioni microclimatiche instauratesi nella fascia produttiva delle piante non sottoposte a defogliazione precoce (NDEF) hanno favorito la colonizzazione dei grappoli da parte di Aureobasidium spp. nelle fasi precedenti alla maturazione. Tuttavia, al momento della raccolta, la presenza di questi microrganismi risultava non significativamente diversa tra le uve DEF e NDEF (≈104 cell/g). L’impatto di Botrytis cinerea risultava del 70,7% inferiore nelle uve DEF rispetto alle uve NDEF. A livello morfologico, gli acini DEF presentavano un diametro inferiore e con un più elevato rapporto buccia/acino rispetto ai NDEF. Infine, le uve DEF presentavano un più alto contenuto in zuccheri, in antociani estraibili e un più alto valore di ricchezza fenolica totale (RPT), mentre non risultavano significativamente diversi i parametri di acidità totale, pH ed acido malico rispetto alle uve NDEF.

 

“Il Sangiovese 100% di Montalcino valutato con l’indice OB- L’istituzione dell’indice OB per determinare e certificare l’evoluzione sensoriale dei vini all’interno di bottiglie aperte da quasi un mese”

Veronica Volpi
Soc. Coop. Centro Studi Assaggiatori

L’analisi sensoriale rimane da sempre l’unico strumento in grado di interpretare quello che percepiscono i consumatori e quello che provano nel degustare un buon calice di vino.

Nel corso degli ultimi tre anni abbiamo utilizzato questo importante strumento per interpretare come si evolve il vino all’interno di bottiglie aperte da diverse ore, cosa cambia nel suo profilo di aromi e sentori nel tempo e soprattutto come si evolve il percepito da parte dei fruitori.

Siamo partiti nel 2013 analizzando il profilo sensoriale di diverse annate di vini “importanti” (Barolo e Sangiovese Igt Toscana 2006) e di vini “giovani” per vedere cosa era cambiato dopo diverse ore dall’apertura della bottiglia (24, 96 e 144 ore).

Nel 2014 abbiamo approfondito la ricerca proponendo al panel di analisi sensoriale tre annate di 100% Sangiovese Toscana Igt e di 31 campioni di vino rosso maggiormente presenti sul mercato in Italia in bottiglie appena stappate e dopo 100 ore dall’apertura; i profili di mediana ricavati dai due test, attraverso il software di statistica BSS, sono stati quindi comparati tra loro per creare un profilo delle differenze riscontrate, dal quale è emerso che i profili sensoriali dei campioni di 100% Sangiovese mutano nel tempo aumentando la loro ricchezza aromatica, l’intensità olfattiva e la saturazione (amaro e acidità tendono lievemente a diminuire), constatando, quindi, che un vino rosso di qualità non solo non teme il tempo e l’ossigeno, ma anzi ne guadagna in sensorialità.

Scegliendo il vino giusto, quindi, anche i ristoratori possono offrire vino al calice in tutta tranquillità senza temere di non poterlo utilizzare completamente e hanno la possibilità inserire nella propria carta anche vini rinomati e importanti ancor più certi del loro andamento sensoriale.

Si può, quindi, trovare un’applicazione concreta e reale di questo dando ai produttori un certificato della tenuta sensoriale del suo vino dopo l’apertura, valorizzando in questo modo le aziende che lavorano in qualità, offrendo ai ristoratori un utile strumento di lavoro e tutelando al tempo stesso i consumatori?

E’ proprio a questa domanda che abbiamo dato risposta nella presente ricerca mettendo a punto un indice di evoluzione globale del vino denominato OB (Odello-Braceschi) in grado di valutare l’evoluzione a livello aromatico e strutturale dei vini in base all’aumento o diminuzione dei caratteri di pregio e dei caratteri negativi, e riportando poi all’esponente le ore testate.

Partendo dalle differenze di percezione tra i prodotti assaggiati a 0 ore dall’apertura e dopo diverse ore dall’apertura, risulta infatti difficile individuare statistiche che diano risultati significativi, però, ragionando sulle differenze in funzione delle caratteristiche dei vini, è possibile stimare degli indici che permettano di valutare l’evoluzione del vino dopo l’apertura prendendo in considerazione i cambiamenti a livello aromatico e strutturale.

Nella presente sperimentazione abbiamo preso in considerazione 4 tipologie di vino, 100% Sangiovese, Bardolino Novello, Nero D’Avola e Sangiovese – Syrah – Merlot, dei quali abbiamo analizzato il comportamento sensoriale al momento dell’apertura e quindi a 432 e 672 ore. I dati ricavati dai diversi panel sono stati analizzati ed elaborati statisticamente al fine di ottenerne il loro indice di evoluzione aromatica, l’indice di evoluzione strutturale e l’indice di evoluzione OB in grado di dare una certificazione matematica all’evoluzione del vino in bottiglia.

L’indice di evoluzione globale OB deriva dall’indice di evoluzione positiva del vino (ovvero la somma degli indicatori aromatici e strutturali positivi), e l’evoluzione negativa di questo (la somma degli indicatori aromatici e strutturali negativi); nel complesso quindi si può definire come l’algoritmo tra l’indice di evoluzione aromatica e l’indice di evoluzione strutturale; in poche parole, prende in considerazione lo scostamento dei vari descrittori determinando poi l’evoluzione dal punto di vista aromatico e della struttura.

Tanto più l’indice finale è alto e tanto più il vino presenta evoluzioni positive sia degli aromi, sia della struttura. L’evidenza è lasciata a una rappresentazione grafica in grado di spiegare l’evoluzione del prodotto: nello schema a bolle utilizzato più la sfera è posizionata a destra e più si trova in alto nel grafico, maggiore è l’evoluzione positiva aromatica, più la bolla è ampia e maggiore è l’evoluzione positiva del vino.

L’applicazione dell’indice sui vini ha determinato che tutte le bottiglie hanno subito un’evoluzione globale positiva nel corso delle 672 ore, raggiungendo dimensioni delle sfere nettamente superiori a 432 ore e posizionandosi nel quadrante positivo in alto a destra.

Nel caso specifico, il 100% Sangiovese Igt Toscana 2008 è stato l’unico campione che ha registrato un’evoluzione globale positiva costante nel tempo: questo testimonia il fatto che è un vino in continua evoluzione che con il tempo le sue caratteristiche aromatiche e strutturali migliorano nella conservazione all’interno delle sue bottiglie smezzate.

Questo indice risulta quindi una prova evidente e matematica dell’evoluzione del vino nelle bottiglie aperte, in grado quindi di certificarne la qualità e di assicurarla al consumatore.

Questo strumento risulta quindi estrema utilità a ristoratori ed enotecari che in questo modo sanno con certezza come si evolverà il vino all’interno delle bottiglie e per quanto tempo potranno conservarlo e garantirne la qualità.

Essi, quindi, non si troveranno più in preoccupazione di dover consumare velocemente le bottiglie aperte, ma addirittura saranno incentivati all’apertura di queste, consapevoli del fatto che certe tipologie di vino evolvono in maniera positiva con lo scorrere del tempo.