Influenze meteorologiche sulle variabili di qualità delle uve Sangiovese

Dott. Lorenzo Brilli – Dott. Giacomo Buscioni
Dott. Marco Moriondo – Dott. Yuri Romboli
Dott.ssa Luisa Leolini – Dott.ssa Silvia Magagni
Dott. Marco Bindi – Dott. Massimo Vincenzini

La viticoltura Toscana è considerata a livello mondiale sinonimo di vini di elevata qualità per il prestigio e l’importanza che rivestono i suoi vitigni ed in particolare il Sangiovese. In questo contesto, il contributo del settore viticolo assume un ruolo fondamentale non solo in ambito economico, ma anche da un punto di vista ambientale grazie a tutti i servizi ad esso legati (ad es. ambiti ricreativi, paesaggistici, ecc.).

L’impatto del cambiamento climatico a breve e lungo termine mette tuttavia a serio rischio il ciclo colturale della vite, pregiudicandone le rese e la qualità delle uve a causa di cambiamenti quali una stagione colturale anticipata e ristretta, la diminuzione del peso degl’acini e la produzioni di vini “squilibrati”. Nel nostro studio abbiamo valutato l’effetto delle principali variabili meteorologiche (temperatura massima, minima, media e precipitazioni) sulla qualità dell’uva (zuccheri totali, acidità titolabile e antociani totali). Tale analisi è stato effettuata mediante serie temporali (definita come Time Lag Analysis, TLA) nel periodo 2011-2015 utilizzando una finestra di 10 giorni nel periodo fioritura-raccolta, la quale ha mostrato che le correlazioni statisticamente più significative si registravano in Agosto per l’acidità titolabile ed in Settembre per zuccheri ed antociani totali. Successivamente, le correlazioni tra temperatura massima e variabili di qualità delle uve sono state utilizzate con l’obiettivo di valutarne il comportamento in condizioni di cambiamento climatico previsto per le prossime decadi, ipotizzando perciò un aumento di temperatura di +2°C e +4°C.

Questo studio, valutando l’impatto delle principali variabili meteorologiche sulla qualità delle uve, ha evidenziato come un eventuale aumento di temperatura fino +4°C potrebbe influenzare negativamente gli aspetti qualitativi del vino, suggerendo allo stesso tempo la necessità di adottare strategie colturali atte a mantenere la produzione di vini di qualità elevata in un contesto di aumento di temperature. Tra le varie strategie, potrebbero risultare funzionali l’uso di vitigni e varietà differenti, diversificazione dei sistemi di allevamento, gestione dell’irrigazione dell’orientamento e della pendenza dei vigneti, nonché della gestione del periodo di raccolta.

 

STUDIO DELLE FUNZIONI E DEI SERVIZI ECOSISTEMICI DEI MICROARTROPODI NEL CONTINUUM SUOLO-PIANTA IN VIGNETO

Dott.ssa Elena Gagliarni

L’adozione di pratiche di gestione colturale rispettose delle risorse e dell’ambiente consolida la stabilità delle dinamiche ecologiche sia a livello epigeo che del suolo. A supporto di ciò, diventa importante una gestione del territorio che mantenga le molteplici funzioni ecologiche offerte dalla biodiversità. Lo studio degli equilibri che s’instaurano tra fitofagi/parassiti e i loro antagonisti naturali e la determinazione della qualità biologica del suolo risultano particolarmente indicativi nell’analisi dell’agroecosistema.

Lo studio dei microartropodi del suolo consente di valutare la qualità e l’effetto delle pratiche agronomiche adottate: in particolare gli acari Oribatidi costituiscono uno dei gruppi della pedofauna più rappresentativi per ruolo funzionale, diversità e sensibilità nelle risposte allo stress e al disturbo ambientale. L’obiettivo di questo studio, svolto in due aziende vitivinicole di Montalcino, è stato duplice: 1) nel biota suolo, è stato analizzato il contesto qualitativo attraverso l’utilizzo dei principali indici ecologici valutandone la biodiversità e diversità funzionale; 2) su pianta di vite, è stato invece valutata l’abbondanza e diversità di acari predatori suddividendoli in base ai loro ‘life style types’. Essendo su pianta i fitoseidi tra i più importanti limitatori naturali di Acari dannosi su molte colture, si è voluto ricostruire ed analizzare il loro ritmo circadiano in considerazione dei fattori climatici e ambientali e di eventuali tassie, in modo così da individuare la tempistica ottimale per l’applicazione di strategie di controllo. Data la carenza di informazioni sul comportamento di questi predatori nell’intero arco della giornata, sono stati condotti rilievi sulla loro presenza e numerosità su foglia per 24 ore consecutive, mensilmente, da giugno ad ottobre. Contemporaneamente, è stato possibile rilevare in campo l’efficacia di difesa naturale adottata con l’introduzione del fitoseide Kampimodromus aberrans che ha consentito il controllo del ragnetto rosso dei fruttiferi Panonychus ulmi, laddove comparso nei vigneti in studio.

Le evidenze emerse confermano l’importanza della conoscenza della biodiversità del suolo e del ritmo circadiano dei fitoseidi come supporto ai sistemi di produzione agricola sostenibile.

 

“È il vino che sceglie il consumatore? Il Brunello di Montalcino nel futuro”

Dott. Marco Ghislanzoni

Questa ricerca è partita con l’idea di definire quello che sarà il futuro dell’enoteca nel suo complesso e come il Brunello di Montalcino può fare affidamento a questa attività commerciale per farsi conoscere in Italia, in Europa e nel mondo.

Il mezzo con il quale si sono ottenute le dovute conclusioni sono state numerose interviste che si sono svolte in svariati metodi: telefoniche, telematiche e all’interno dell’enoteca stessa (di persona) e si sono svolte su tutta la cartina dell’Italia, soprattutto quelle telefoniche e telematiche, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, per avere dei dati più attendibili possibile.

C’è un parallelismo di punti di vista tra Soldera, che decide a chi vendere il vino, aumentandone quindi il prestigio e i produttori di Brunello di Montalcino che adottano tutti la stessa strategia di vendita “al buio”, rischiando che l’enotecario non sia in grado di identificare le peculiarità del Brunello di Montalcino che il consumatore intende acquistare, non valorizzandone il prodotto. Questo aspetto emerge nella ricerca.

L’enoteca è in evidente difficoltà e lo dimostrano i numeri e le interviste che sono state svolte per questa ricerca.

Soldera, probabilmente, è stato lungimirante, affermando che l’enoteca non avrà ragion d’esistere in futuro, dando più spazio all’osteria storica e quindi meno a tutte quelle attività che, con il passare del tempo, fanno sempre più fatica ad emergere. Tra queste, appunto, l’enoteca.

 

“Analisi sensoriale: la tecnica della rilevazione dei segnali deboli su Sangiovese 100% Soldera Case Basse”

Dott.ssa Lidiya Lelechenko

Quando si parla di grandi vini le tradizionali tecniche di analisi sensoriali possono risultare deludenti in quanto incapaci di discriminare le differenze e impotenti di fronte all’emozione che questi vini sanno dare.

Nel corso degli anni l’analisi sensoriale ha fatto grandi progressi aumentando via via i descrittori, per passare dalla decina un tempo considerata alla cinquantina in uso sui test ad alta utilità informativa, quale Big Sensory Test Avanzato. Questo è stato reso possibile mediante nuove tecniche di formazione dei giudici sensoriali basati sul metodo costruittivista e nuove tecniche statistiche che consentono di validare l’operato dei giudici valutandoli uno per uno.

Nonostante la grande innovazione realizzate, quando si parla di grandi vini esistono ancora lacune dovute alla complessità dei medesimi. Il Centro Studi Assaggiatori ha quindi esplorato, mediante una ricerca biennale, nuovi metodi per cogliere i segnali deboli e metterli in evidenza andando oltre il concetto della descrizione quantitativa, per approdare a metodi ispirati alla semiotica e alla psicometria in grado di restituire l’immaginario generato dall’assunzione del vino stesso.

Il presente lavoro di ricerca prende in considerazione un Soldera Case Basse Sangiovese 100% e due vini dello stesso produttore dell’annata 2015 che differiscono per la tecnologia utilizzata in vinificazione. Il metodo utilizzato, che si basa su una scheda denominata Sensory Explorer, ha consentito di discriminare perfettamente i prodotti tra loro sulla base delle diverse caratteristiche oggettive percepibili pur rimanendo in linea con i test ad alta utilità informativa, ma anche di coglierne le differenze analogiche affettive e metaforiche. Risulta interessante notare che il terroir, inteso come l’insieme dei fattori ambientali, di vitigno e umani, genera vini che già da giovani hanno tratti comuni con il prodotto lungamente invecchiato e già presentano in embrione il carattere di questo.

Se la ricerca proseguirà, la tecnica sarà in grado di offrire l’evoluzione del prodotto nel corso dell’affinamento, in legno prima e in bottiglia poi, costituendo uno storico documentale che travalica la memoria degli umani, potendo essere il vino in questione più longevo delle attese di vita attuali.

 

“INFLUENZA DEL TRATTAMENTO DI DEFOGLIAZIONE SU POPOLAZIONE DI LIEVITI ED AUREOBASIDIUM SPP. PRESENTI SULLE UVE IN DUE ANNATE CONSECUTIVE”

Dott.ssa Eleonora Mari

Il presente lavoro ha studiato l’impatto della tecnica di defogliazione precoce sull’evoluzione dell’ecologia microbica (lieviti totali ed Aureobasidium spp.) delle uve di piante di Sangiovese coltivate in una specifica realtà aziendale dell’areale di produzione del Brunello di Montalcino nelle annate 2015-2016. In particolare, la tecnica ha previsto la rimozione delle 5-7 foglie basali all’inizio della fase di fioritura (5-10% fiori aperti). Essendo le condizioni metereologiche un fattore influenzante sia lo sviluppo vegetativo della pianta, che lo sviluppo dei microrganismi sul grappolo, la prima parte del lavoro si è incentrata sulla caratterizzazione del meteo delle due annate, evidenziando come il 2015 sia risultato più caldo e meno piovoso rispetto al 2016.

Dal confronto dell’evoluzione delle popolazioni microbiche nei due anni di studio, è emerso come la crescita delle diverse popolazioni sia stata maggiormente influenzata dall’andamento metereologico rispetto al trattamento di defogliazione.

 

Application of quantitative real-time PCR to assess a simplified DNA extraction protocol from wine

Dott.ssa Ginevra Marzucchi

Le metodologie analitiche basate sul DNA sono uno strumento fondamentale per la caratterizzazione dei diversi vitigni nel settore vitivinicolo. Attualmente, la Real-Time polymerase chain reaction (RT-PCR) è una delle tecniche più diffuse nell’ambito della certificazione dei prodotti agroalimentari. Considerando che la qualità di un’analisi in RT-PCR dipende fortemente dalla concentrazione e dalla purezza del DNA di partenza, uno dei problemi principali dell’estrazione del DNA di Vitis vinifera da vino è proprio la presenza di metaboliti secondari (fenoli, tannini e polisaccaridi) che interferiscono con i protocolli di isolamento.

In questo lavoro di tesi, sono stati comparati in termini di resa e purezza del prodotto finale, due protocolli di estrazione di DNA da vino di diversa complessità e un protocollo di estrazione da vite. A tale scopo sette geni nucleari a singola copia sono stati saggiati su estrazioni diverse di DNA genomico di Vitis vinifera e due di questi sono stati selezionati in funzione della loro resa in RT-PCR. I due geni individuati, nine-cis-epoxycarotenoid dioxygenase 2 (NCED2) e prefoldin subunit 5-like (PS5), sono stati quindi amplificati mediante un sistema Taq-Man in campioni di vino e tessuto fogliare, in modo da determinare la presenza di inibitori in relazione alla diversità della matrice biologica di partenza e al protocollo di estrazione eseguito. I valori di Ct ottenuti dall’analisi sono stati quindi normalizzati su una retta di calibrazione disegnata usando come standard interno un DNA esogeno (myIC) a concentrazione nota.

Questo studio ha dimostrato che il protocollo semplificato di estrazione da vino produce risultati comparabili, a volte anche leggermente superiori in termini di purezza del DNA e presenza di inibitori, rispetto a quello classico più laborioso e complesso. Il DNA isolato dal tessuto fogliare di Vitis vinifera, nonostante la minore complessità della matrice biologica di partenza, risulta essere paragonabile dal punto di vista della quantificazione del DNA genomico di Vitis vinifera a entrambe le procedure di estrazione precedenti. In tutti e tre i casi, le quantità di DNA genomico che si ottengono sono ben al di sopra del valore soglia imposto dalla medicina forense di 100 pg/ml.

Le prospettive applicative del seguente metodo potrebbero essere quelle di valutare come l’invecchiamento di uno stesso campione può influenzare la qualità e la concentrazione del DNA genomico di Vitis vinifera. La longevità infatti è una delle caratteristiche principali dei prodotti vinicoli, ma non tutti i vini si conservano in ugual modo nello stesso lasso di tempo.

 

Approccio olistico/non-targeted per la caratterizzazione dei vini

Dott.ssa Elena Piva
Dott. Marco Bragolusi

La qualità globale di un vino è il risultato di un insieme complesso di variabili come ad esempio: il clima, le caratteristiche del suolo, la qualità del vitigno ed Il processo di vinificazione. Quest’ultimo implica processi di trasformazione sia chimici che biochimici, anch’essi influenzati da fattori molto diversi fra loro come la qualità del substrato mosto, le caratteristiche dei lieviti, il processo e le condizioni di lavorazione. Dal punto di vista scientifico il vino è sicuramente uno dei prodotti più studiati in tutte le fasi di produzione. Sono stati classificati molti degli step implicati, e sono stati identificati quasi tutti i processi biochimici e le relazioni fra singoli componenti o gruppi di composti. Per esempio il livello di Ferro, Rame e Nichel può influenzare significativamente molte reazioni chimiche o enzimatiche con ripercussioni sulla sintesi e sul contenuto di antociani ed aromi. Tutti i processi sono tra di loro interconnessi e ogni intervento in un punto della filiera, come ad esempio la riduzione dei trattamenti con rame o l’utilizzo di sali di potassio e magnesio per migliorare le condizioni di salute della pianta, può ripercuotersi sulla qualità del prodotto. A questo proposito in letteratura sono descritti innumerevoli protocolli analitici (targeted) per identificare le principali classi di composti (es. polifenoli, sostanze volatili e minerali). Tuttavia, ad oggi, se un produttore volesse conoscere e prevedere in anticipo le caratteristiche del suo prodotto; si troverebbe a dover applicare decine o centinaia di specifiche metodiche analitiche targeted con elevati costi e tempi di esecuzione delle analisi. Scopo della ricerca è quello di verificare l’efficacia di metodi analitici di screening non-targeted mediante tecniche di fingerprinting non convenzionali per una visione di insieme del prodotto o delle fasi di lavorazione, basata su una valutazione complessiva (olistica) dei risultati. Le tecniche analitiche utilizzate in questo studio sono la Total Reflection X-Ray Fluorescence (TXRF) per il profilo minerale, la Headspace solid-phase microextraction – gas chromatography (HS-SPME GC) per il profilo aromatico e la  Direct Analysis In Real Time – High Resolution Mass Spectrometry (DART – HRMS) per il profilo molecolare (es. polifenoli, acidi organici etc.) .

L’ipotesi generale che sottintende a questo nuovo approccio analitico è che i dati spettrali dei profili contengono tutte le informazioni utili, bisogna solamente trovare il modo di estrarle e renderle fruibili. Nello studio presentato sono emerse moltissime conferme di quanto riportato in bibliografia e molte sono le informazioni che si potrebbero ancora ottenere. I risultati hanno dimostrato l’elevata capacità discriminante di tutte le tre tecniche utilizzate e la possibilità di riconoscere identificare e separare i differenti tipi di vini oggetto di studio ed in particolare il Sangiovese delle cantine dell’Azienda Case Basse Soldera, Lo studio pilota ha dimostrato con chiarezza l’enorme potenzialità diagnostica dell’approccio olistico utile anche per:

  • classificare o riconoscere un prodotto
  • prevenzione delle frodi,
  • approfondimenti tematici come:
    • lo studio dell’evoluzione delle caratteristiche del vino nella fase di maturazione,
    • lo studio dei processi metabolici
    • correlazione fra evoluzione dello spettro “chimico” del prodotto con informazioni sensoriali ed organolettiche

Infine ci sono altri ulteriori vantaggi delle modalità operative descritte:

  • I tempi rapidi di esecuzione
  • La possibilità di analizzare senza eccessivi sforzi un elevato numero di campioni
  • i piccoli volumi di campione utilizzati (circa 10ml) consentono la caratterizzazione anche di prodotti rari o costosi.
  • i bassi consumi di energia e la quasi assenza di residui di lavorazione/rifiuti

 

Variabilità dei profili fenolici dei vini Sangiovese prodotti da uve coltivate nell’areale del Brunello di Montalcino: quattro annate a confronto”

Dott. Yuri Romboli

La composizione fenolica di un vino viene descritta in letteratura come uno dei parametri che incidono nella definizione di qualità sensoriale dei vini stessi. In effetti, alcune caratteristiche sensoriali come il colore, il gusto amaro e l’astringenza sono fortemente dipendenti dal corredo fenolico di un vino. La principale fonte di composti fenolici che si ritrova nei prodotti finiti deriva dalla composizione caratteristica delle uve di partenza, la quale risente fortemente delle condizioni meteorologiche e delle pratiche agronomiche adottate in una specifica annata, oltre che della varietà coltivata. Inoltre, le fasi di fermentazione alcolica, in maggior misura quando condotta in maniera spontanea, e macerazione si propongono come nuova fonte di variabilità capace di esaltare o mascherare alcuni aspetti che incidono sulla caratterizzazione dei vini prodotti in annate diverse. Per questo, lo studio presentato ha mirato ad indagare la variabilità compositiva in termini di profili dei composti fenolici che identificano i vini Sangiovese prodotti in una specifica realtà aziendale situata nell’areale di produzione del Brunello di Montalcino in quattro annate, dal 2013 al 2016. Lo studio si è articolato dapprima descrivendo i parametri meteorologici che hanno discriminato le diverse annate, caratterizzando le uve impiegate e monitorando le fasi di fermentazione alcolica e macerazione per la produzione dei vini Sangiovese in purezza. Dai risultati ottenuti emerge che i profili dei composti fenolici oggetto di studio sono in grado di descrivere le caratteristiche di ogni vino, distinguendolo da quelli di altre annate e portando in sé alcune informazioni che riguardano la stagione, la natura della materia prima e la sua trasformazione.

 

L’influenza della selezione e integrità degli acini in tino di vinificazione sulle caratteristiche sensoriali del 100% Sangiovese Studio e confronto del profilo sensoriale di due vini 100% Sangiovese del 2015 prodotti con i due differenti metodi di diraspatura, selezione e trasporto degli acini in tino di vinificazione, con un vino 100% Sangiovese IGT del 2009

Dott.ssa Veronica Volpi

Nel corso della produzione del vino, se modifichiamo alcune fasi del processo tecnologico otteniamo prodotti differenti dal punto di vista sensoriale?

È questa la domanda che ci siamo posti applicando una nuova tecnica al processo di produzione del vino che permette di selezionare uno a uno gli acini e introdurli interi nel tino di vinificazione, riducendone in questo modo la lacerazione e il contatto con le fecce. La sperimentazione è stata condotta sul vino 100% Sangiovese del 2015, producendolo in parte con il metodo classico (botte 8) e in parte con questa nuova tecnica (botte 11). Nel metodo tradizionale, utilizzato per il vino della botte 8, la vinificazione avviene diraspando con l’antica diraspatrice e trasmettendo il prodotto nel tino di vinificazione attraverso sistema con pompa e canne. In questo modo gli acini subiscono una pigiatura semplice e soffice a contatto con elevate quantità di liquido e fecce. Con la nuova tecnica, utilizzato per il vino presente nella botte 11, la vinificazione risulta essere meno liquida e fecciosa poiché la diraspatura avviene attraverso l’utilizzo di una nuova macchina che seleziona e mantiene gli acini interi in base alla loro dimensione. La divisione di questi avviene attraverso l’utilizzo di setacci calibrati in grado di separare i singoli acini in base al loro peso e diametro al fine di ottenere un’ottimizzazione di queste caratteristiche. Gli acini selezionati rimangano interi e subiscono un ulteriore controllo da parte di persone specializzati che provvedono al controllo e ulteriore selezione di questi uno a uno. In questo modo solo gli acini più idonei vengono perulati interi nel tino di vinificazione, riducendone la parte liquida e fecciosa.

I due vini sono stati quindi analizzati attraverso un panel test di analisi sensoriale mettendoli a confronto con un vino di diversa annata (2009).

Dai dati ottenuti è stato dimostrato che il 100% Sangiovese IGT del 2009 risulta essere il più apprezzato per quanto riguarda l’indice globale di preferenza, seguito dal campione presente nella botte 11 del 2015 e infine il campione presente nella botte 8 del 2015.

Dal punto di vista della percezione visiva, i due vini 100% Sangiovese della medesima annata 2015, presentano delle leggeri differenze a livello cromatico: nel caso specifico il campione proveniente dalla botte 11, presenta una saturazione del colore leggermente superiore rispetto agli altri. Il metodo di diraspatura più delicato utilizzato in questo caso, che prevede una migliore conservazione degli acini prima dell’entrata nel tino di vinificazione e una selezione manuale di questi, conserva la buccia in maniera più integra rispetto all’altro metodo e questo potrebbe prevenire la conservazione dei composti coloranti presenti sulla buccia comportando la percezione di una maggiore saturazione del colore a livello sensoriale. La percezione dei riflessi granati, invece, risulta essere significativamente maggiore nel campione 100% Sangiovese del 2009 rispetto al campione 100% Sangiovese 2015 della botte 8.

Dal punto di vista gustativo-tattile, l’amaro risulta essere leggermente predominante nel campione presente nella botte 11 come anche l’astringenza, anche se la percezione sferica risulta essere minore. Il campione che ha percezione sferica maggiore è il 100% Sangiovese del 2009; il processo d’invecchiamento porta alla polimerizzazione di numerosi composti chimici conferendone corpo e consistenza. Tali differenze non risultano però essere statisticamente significative.

A livello aromatico, differenze statisticamente significative vengono individuate sul campione 100% Sangiovese 2009 rispetto al campione 100% Sangiovese 2015 della botte 11 per quanto riguarda il sentore del floreale, e sul campione 100% Sangiovese 2015 botte 11 rispetto al campione 100% Sangiovese della botte 8 per quanto riguarda il vegetale fresco.

La predominanza del sentore floreale sul campione invecchiato in botte (100% Sangiovese 2009) rispetto al vino giovane può essere ricondotta al processo di fermentazione e invecchiamento stesso all’interno della botte, in cui possono completarsi i processi fermentativi di tipo anaerobio oltre che altre tipologie di reazioni, tra le quali processi di esterificazione chimica, idrolisi ed ossidoriduzione che portano alla formazione di composti secondari aromatici.

Al contrario, Il sentore di vegetale fresco predominante nel vino 100% Sangiovese 2015 della botte 11 è dato principalmente da molecole naturalmente presenti all’interno del substrato dell’acino stesso, per cui la preservazione dell’integrità dell’acino, durante le fasi di diraspatura e di trasporto nel tino di vinificazione, favorisce la conservazione di tali composti nel vino con un conseguente aumento della percezione degli stessi.

Ottenuti questi risultati, possiamo quindi affermare che modificando alcune fasi del processo di produzione del vino 100% Sangiovese e preservando l’integrità degli acini all’interno del tino di vinificazione, otteniamo vini dalle caratteristiche sensoriali diverse rispetto il metodo classico.